SOMMARIO

 

ALIMENTI

Coltivazione OGM: pubblicata la legge che lascia libertà decisionale agli Stati UE (Dir. UE 2015/412).

 

AMBIENTE

Il Senato approva il d.d.l. sui delitti contro l’ambiente (d.d.l. n. 1345, Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente).

 

ANTIRICICLAGGIO

Autoriciclaggio: voluntary disclosure obbliga all’adeguamento dei modelli organizzativi (art. 25-octies d.lgs. 231/2001).

 

DIRITTO UE

Abusi di mercato: La Corte chiarisce la nozione di informazione privilegiata (Corte Giust. UE, sent. 11 marzo 2015, causa C-628/13).

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

E-book e libri: no della UE alla imposta al consumo unica per entrambi (Corte Giust. UE, sent. 5 marzo 2015, cause C-479/13, Commissione c. Francia, e C-502/13, Commissione c. Lussemburgo).

 

DIRITTO DEL LAVORO

Dalla Legge di stabilità al Jobs act: gli incentivi all’assunzione.

 

DIRITTO PENALE

Trattativa chiusa online, ma la merce non arriva: condannato il venditore che aveva anche cancellato l’account (Cass., sez. VI Pen., sent. 10 marzo 2015 n. 10136).

 

DIRITTO TRIBUTARIO

I costi sostenuti per la gestione di un immobile destinato esclusivamente ai soci sono indeducibili (Cass., Sez. Trib., sent. 25 febbraio 2015, n. 3746).

 

MARCHI E BREVETTI

Marchio patronimico, ditta, segni distintivi e confondibilità (Cass., sez. I civ., sent. 25 febbraio 2015, n. 3806).

 

RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

Il modello da adottare ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 non trova applicazione se la malattia della persona offesa non supera i 40 giorni (Cass., Sez. IV Pen., sent. 24 febbraio 2015, n. 8531).

 

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortunio del lavoratore addetto ad un impianto di verniciatura automatico: imprudenza o responsabilità del datore di lavoro (Cass., Sez. IV Pen., sent. 2 marzo 2015, n. 9193).

 

TRUST

aliquota dello 8% se il disponente conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando sé stesso come trustee (Cass., sez. VI Civ., ord. 24 febbraio 2015, n. 3735).

 

DI TUTTO UN PO’

 

FAMIGLIA

Solo 10 giorni di convivenza ma niente assegno di mantenimento (Cass., sez. VI civ., ord. 26 marzo 2015, n. 6164).

 

INCENTIVI

Doppia agevolazione per le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e le formalizzano attraverso marchi, brevetti (l. 23 dicembre 2014, n. 190 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, c.d. legge di stabilità 2015).

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

Coltivazione OGM: pubblicata la legge che lascia libertà decisionale agli Stati UE (Dir. UE 2015/412).

 

È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione la direttiva UE 2015/412 del Parlamento Europeo e del Consiglio dello 11 marzo 2015 che modifica la direttiva 2001/18/CE circa la possibilità degli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati (OGM) sul loro territorio.

La direttiva raccomanda la necessità di includere anche motivazioni diverse rispetto alla sicurezza alimentare o ambientale come cause sufficienti per proibire la coltivazione di OGM sui territori dell’Unione (Stati membri o regioni).

I motivi sufficienti per proibire la coltivazione di OGM attengono a: a) obiettivi di politica ambientale; b) pianificazione urbana e territoriale; c) uso del suolo; d) impatti socio-economici; e) esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, fatto salvo l’articolo 26-bis; f) obiettivi di politica agricola; g) ordine pubblico.

La norma riconosce inoltre che andrà posta particolare attenzione alla prevenzione di eventuali contaminazioni transfrontaliere a partire da uno Stato membro in cui la coltivazione sia autorizzata verso uno Stato membro limitrofo in cui sia vietata.

 

 

AMBIENTE

Il Senato approva il d.d.l. sui delitti contro l’ambiente (d.d.l. n. 1345, Disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente).

 

Il Senato ha approvato il 4 marzo scorso il d.d.l. n. 1345, recante disposizioni in materia di delitti contro l’ambiente. Il testo, già approvato dalla Camera, è stato modificato per cui torna ora alla Camera per l’approvazione definitiva.

 

Il d.d.l. introdurrebbe nel codice penale quattro nuovi reati:

il delitto di inquinamento ambientale (art. 452-bis);

il delitto di disastro ambientale (art. 452-quater);

il delitto di traffico ed abbandono di materiale di alta radioattività (art. 452-sexies);

il delitto di impedimento del controllo.

I termini di prescrizione per i reati ambientali sono raddoppiati.

È prevista una diminuzione dei due terzi delle pene in caso di ravvedimento operoso.

In sede di condanna o patteggiamento per reati ambientali sono previsti la confisca dei beni ed il ripristino dello stato dei luoghi.

 

 

ANTIRICICLAGGIO

Autoriciclaggio: voluntary disclosure obbliga all’adeguamento dei modelli organizzativi (art. 25-octies d.lgs. 231/2001).

 

Il legislatore con la legge 15 dicembre 2014, n. 186 ha modificato la responsabilità amministrativa degli enti collettivi tramite l’inserimento nel d.lgs 231/2001 del nuovo art. 25-octies includendo l’autoriciclaggio nel catalogo dei reati che possono determinare una possibile responsabilità amministrativa in capo all’ente che lo commette.

I proventi da evasione fiscale od i risparmi da dichiarazione infedele si considerano autoriciclati se impiegati in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali.

Dal 1° gennaio 2015 l’ente è punito a titolo di autoriciclaggio con la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da cinquemila a venticinquemila euro. Sembra perciò opportuno adeguare rapidamente ed efficacemente i modelli organizzativi e gestionali per la natura che essi rivestono di circostanza esimente, per cui in caso di condanna dei vertici l’ente non incorrerà in sanzioni.

 

DIRITTO UE

Abusi di mercato: La Corte chiarisce la nozione di informazione privilegiata (Corte Giust. UE, sent. 11 marzo 2015, causa C-628/13).

 

La Corte di Giustizia della dell’Unione europea con sentenza 11 marzo 2015, nella causa C-628/13, ha statuito che per prevenire qualsiasi abuso di informazioni privilegiate, l’informazione deve essere comunicata al pubblico anche se il suo detentore non sa quale influenza precisa essa avrà sui prezzi degli strumenti finanziari. In caso contrario, il detentore dell’informazione potrebbe allegare l’esistenza di un’incertezza per trarne profitto a discapito degli altri soggetti intervenienti sul mercato. Una direttiva UE (2003/6/CE del 28 gennaio 2003), relativa all’abuso di informazioni privilegiate e alla manipolazione del mercato, vieta l’abuso di informazioni privilegiate e obbliga gli emittenti di strumenti finanziari a rendere pubblica qualsiasi informazione privilegiata che li riguardi direttamente, vale a dire qualsiasi informazione avente carattere preciso che possa influire in maniera sensibile sui prezzi degli strumenti finanziari. Un’altra direttiva, la 2003/124/CE della Commissione, del 22 dicembre 2003, recante modalità di esecuzione della direttiva 2003/6 per quanto riguarda la definizione e la comunicazione al pubblico delle informazioni privilegiate e la definizione di manipolazione del mercato, chiarisce che un’informazione si reputa precisa allorché consente di valutare se le circostanze o l’evento costituenti il suo oggetto possano avere un effetto sui prezzi degli strumenti finanziari. La Corte, con sentenza 11 marzo 2015 nella causa C-628/13, dichiara che dal tenore letterale delle direttive non risulta che le informazioni a carattere preciso siano unicamente quelle che permettono di stabilire in quale senso può variare il prezzo degli strumenti finanziari. Soltanto le informazioni vaghe o generiche, che non consentono di trarre alcuna conclusione riguardo al loro possibile effetto sui prezzi degli strumenti finanziari, possono essere considerate non precise. In proposito la Corte sottolinea che un investitore ragionevole può fondare la propria decisione d’investimento su informazioni che non necessariamente gli consentono di prevedere in un senso determinato la variazione del prezzo degli strumenti finanziari. Inoltre, l’accresciuta complessità dei mercati finanziari rende particolarmente difficile una stima esatta del senso nel quale può realizzarsi la variazione del prezzo degli strumenti finanziari. Se un’informazione potesse essere considerata precisa soltanto a condizione che consenta di stabilire il senso in cui avrà luogo la variazione del prezzo degli strumenti finanziari, il detentore dell’informazione potrebbe allegare l’esistenza di un’incertezza al riguardo per astenersi dal rendere pubbliche talune informazioni e trarne così profitto a discapito degli altri soggetti che intervengono sul mercato.

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

E-book e libri: no della UE alla imposta al consumo unica per entrambi (Corte Giust. UE, sentt. 5 marzo 2015, cause C-479/13, Commissione c. Francia, e C-502/13, Commissione c. Lussemburgo).

 

Il 5 marzo 2015 la Corte di Giustizia UE ha reso due pronunce “gemelle” in materia di tassazione di libri ed e-book. In breve, Francia e Lussemburgo hanno negli scorsi anni disposto l’abbassamento delle aliquote IVA sugli e-book rispettivamente al 5,5% ed al 3%: questo in violazione della direttiva 2006/112/CE con cui vengono date linee guida comunitarie per l’imposizione fiscale al consumo.

In particolare, la direttiva vieta in toto la possibilità per gli Stati membri di applicare aliquote ridotte per la fornitura di servizi elettronici: secondo la Corte la vendita di e-book non si atteggia a cessione di beni, intesi nella loro accezione più materiale fatta propria dalla direttiva (art. 14), ma a fornitura di servizi elettronici poichè per la fruizione è necessario un ulteriore dispositivo non ricompreso nella vendita; al contrario sarebbe ben possibile il ribasso delle aliquote nei tradizionali libri su supporto fisico.

La decisione della Corte è di particolare attualità in Italia: la Legge di Stabilità 2015 prevede al momento la riduzione dell’aliquota sugli e-book dal 22% al 4%: si è fatto genericamente riferimento a tutte le pubblicazioni vendute su supporto fisico o mediante comunicazione elettronica, esponendosi dunque alla possibilità di violazione della normativa comunitaria.

 

 

DIRITTO DEL LAVORO

Dalla Legge di Stabilità al Jobs act: gli incentivi all’assunzione.

 

La legge di Stabilità 2015 ed il Jobs act prevedono una serie di incentivi all’assunzione.

La Legge di Stabilità 2015 prevede innanzitutto un esonero contributivo per le nuove assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato con decorrenza nel corso del 2015.

Questo riguarda tutti i lavoratori privi di occupazione a tempo indeterminato da almeno 6 mesi, o che non abbiano avuto rapporti di dipendenza a tempo indeterminato con l’impresa (comprese società collegate e controllate) nei tre mesi antecedenti all’entrata in vigore della legge (dal 29 settembre 2014) o per cui l’incentivo sia già stato usufruito.

L’agevolazione concerne l’esonero triennale (36 mesi) dal versamento dei contributi previdenziali, fino a un massimale annuo di euro 8.060. Sono esclusi dall’esonero i premi ed i contributi dovuti all’INAIL. È possibile usufruire dell’incentivo anche in caso di trasformazione del contratto da tempo determinato (o da precedente contratto a lavoro intermittente) a tempo indeterminato.

Quanto invece al Contratto di apprendistato possono essere assunti giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni.

La contribuzione per gli apprendisti è pari al 10%.

Per le aziende fino a 9 dipendenti viene riconosciuto uno sgravio contributivo del 100% per i primi 3 anni di contratto; per gli anni successivi al terzo la contribuzione è pari al 10%.

In caso di trasformazione del rapporto di lavoro al termine del periodo di apprendistato, l’agevolazione contributiva del 10% viene riconosciuta per i 12 mesi successivi. Per i contratti sottoscritti a partire dal 1° gennaio 2015, l’intero costo sostenuto dal datore di lavoro diventa deducibile dalla base imponibile IRAP.

Ancora, un credito di imposta viene riconosciuto a favore di tutte le imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo a prescindere dal fatturato. Sono previste agevolazioni fiscali per le imprese che assumono nuovi lavoratori per potenziare l’attività di ricerca anche avviando nuovi progetti.

Per i contratti di lavoro a tempo indeterminato sottoscritti dal 1° gennaio 2015 viene ammessa in deduzione ai fini IRAP a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, la differenza tra il costo complessivo per il personale dipendente a tempo indeterminato e le vigenti deduzioni spettanti a titolo analitico o forfettario riferibili sempre al costo del lavoro.

Infine, il decreto attuativo del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti statuisce che “i datori di lavoro privati che procedano all’assunzione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato di soggetti già parti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto e di persone titolari di partita IVA” beneficiano dell’estinzione di tutte le violazioni contributive, assicurative e fiscali connesse all’eventuale erronea qualificazione del rapporto di lavoro precedente.

 

DIRITTO PENALE

Trattativa chiusa online, ma la merce non arriva: condannato il venditore che aveva anche cancellato l’account (Cass., sez. VI Pen., sent. 10 marzo 2015 n. 10136).

 

La Suprema Corte con sentenza 10 marzo 2015 n. 10136 ha chiarito che in materia di truffa contrattuale il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto rispetto a quelle inizialmente concordate con l’altra parte, quando sia posta in essere con condotte artificiose idonee a generare un danno con correlativo ingiusto profitto, integra l’elemento degli artifici e raggiri richiesti per la sussistenza dei reato di cui all’art. 640 c.p. a maggior ragione quando colui che ha proposto in vendita la merce in uno degli aggregatori di riferimento per la compravendita di merce, eBay, una volta fatto l’affare si cancella dal mercato web, come nel caso di specie è accaduto. Integra dunque il reato previsto dall’art. 640 c.p. la condotta fraudolenta di chi si accredita sul sito e pone in vendita un bene, ricevendone il corrispettivo senza procedere alla consegna e rendendo difficile la possibilità di risalire al venditore. Circa la sussistenza degli artifici e raggiri non illogicamente sono state valutate indizianti della truffa sia la cancellazione dell’account successiva alla conclusione della transazione che la reiterazione di fatti analoghi da parte dello stesso.

 

DIRITTO TRIBUTARIO

I costi sostenuti per la gestione di un immobile destinato esclusivamente ai soci sono indeducibili (Cass., Sez. Trib., sent. 25 febbraio 2015, n. 3746).

L’Amministrazione Finanziaria, a seguito della constatazione che in undici anni di attività le operazioni attive di una società si erano estrinsecate unicamente nella locazione di un immobile, emetteva avvisi di accertamento in cui disconosceva i costi illegittimamente dedotti per materie prime, servizi, ammortamenti, oneri di gestione, ristrutturazione, etc.

Proposto ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale, la società accertata otteneva sentenza favorevole, con successiva conferma nel giudizio di secondo grado proposto dall’ente creditore. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale, constatato che l’oggetto sociale emergente dallo statuto ricomprendeva tutte le attività svolte dalla società (quali acquisto, ricostruzione e riadattamento di immobili, affitto, gestione, etc.) riteneva che la contribuente avesse svolto le attività previste dal suo oggetto senza infrangere alcuna disposizione normativa, in quanto l’attività sociale poteva limitarsi all’acquisto ed alla gestione di un unico immobile, altresì locato ai due soci con regolare contratto. A seguito di ricorso per cassazione, la Suprema Corte ha accolto il motivo di impugnazione proposto dall’Amministrazione Finanziaria, limitandosi a richiamare in materia l’orientamento da tempo consolidato, secondo cui un’operazione economica isolata non diretta al mercato, compiuta da una società commerciale, quand’anche l’atto costitutivo o lo statuto sociale prevedano che il sodalizio possa compiere operazioni di acquisto, ristrutturazione, vendita e locazione d’immobili di per sé sola non può valere a dare consistenza ad un’attività imprenditoriale capace di giustificare l’inerenza dell’operazione passiva dell’attività svolta.”

 

MARCHI E BREVETTI

Marchio patronimico, ditta, segni distintivi e confondibilità (Cass., sez. I civ., sent. 25 febbraio 2015, n. 3806).

 

La sentenza in esame trae origine da un conflitto tra segni distintivi di due imprese (in forma di società di capitali) operanti nel settore pubblicitario: la ricorrente con marchio comunitario, e la resistente con marchio in parte patronimico ed eponima ditta e denominazione sociale. Proprio la “parte” patronimica di quest’ultimo marchio ricomprendeva in sé il marchio della ricorrente, che lamentava dunque la confondibilità tra segni.

La ricorrente risultava soccombente in primo e secondo grado avanti al Tribunale ed alla Corte d’appello di Palermo; la Suprema Corte tuttavia cassa con rinvio la pronuncia della Corte d’appello.

Rilevano infatti i Giudici di cassazione che le corti territoriali avrebbero innanzitutto omesso di valutare che il conflitto non era limitato al raffronto tra i marchi ma anche a quello tra il marchio della ricorrente e la denominazione sociale – ditta dell’impresa (nonchè all’insegna), cosa per sé vietata dal principio di unitarietà dei segni distintivi esplicitato a livello generale dall’art. 22 del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (e più in piccolo dagli artt. 12 d.lgs. 30/2005, e 2564 e 2568 c.c.) .

Inoltre l’uso di un segno patronimico, non solo nel marchio ma anche nella denominazione sociale, è frutto di una scelta nel caso delle società di capitali come la resistente benché lo stesso sia stato “ereditato” dalla precedente forma giuridica rivestita: per le società di capitali non vi sono obblighi civilistici nella denominazione come invece accade per le società di persone; inoltre nel settore di riferimento l’uso del patronimico non è affatto necessitata dai servizi offerti ed anzi potrebbe rappresentare un elemento di confondibilità qualora avesse funzione distintiva e non meramente descrittiva, con ciò configurando pure astrattamente un illecito concorrenziale.

 

RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

Il modello da adottare ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001 non trova applicazione se la malattia della persona offesa non supera i 40 giorni (Cass., Sez. IV Pen., sent. 24 febbraio 2015, n. 8531).

 

Il Tribunale di Varese condannava due società (in persona dei rispettivi legali rappresentanti) al pagamento di una sanzione pecuniaria pari ad € 15.480.000,00, in relazione all’illecito di cui all’art. 12, comma II, d.lgs. n. 231/2001. Il Giudice di primo grado infatti, aveva ritenuto gli amministratori delle società (quali soggetti in posizione apicale) responsabili del delitto di lesioni personali colpose ex art. 590, comma III, c.p. a danno di un loro dipendente, violando le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in quanto non era stato adottato alcun preventivo modello di organizzazione e di gestione relativo ad una politica aziendale per la salute della sicurezza idoneo a prevenire il reato loro imputato. A seguito di ricorso per cassazione proposto da entrambe le società, la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di primo grado impugnata, in quanto non si era verificata a danno del lavoratore alcuna ipotesi di lesione grave ai sensi dell’art. 583 c.p. (malattia o incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai 40 giorni). Infatti, è stato chiarito come, in conformità all’art. 25-septies, comma III, d.lgs. 231/2001, la responsabilità giuridica dell’ente richieda con riferimento alla commissione del reato di lesioni colpose il verificarsi di un’ipotesi di lesione grave, ossia di una lesione comportante la determinazione di una malattia della durata superiore ai 40 giorni.

 

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortunio del lavoratore addetto ad un impianto di verniciatura automatico: imprudenza o responsabilità del datore di lavoro (Cass., Sez. IV Pen., sent. 2 marzo 2015, n. 9193).

 

In data 30 ottobre 2006 un lavoratore addetto ad un impianto di verniciatura automatico, ritenendo che la corsa dell’elevatore non fosse ben calibrata, al fine di regolare la giusta profondità, inseriva il braccio destro tra due pezzi dell’ingranaggio rimanendovi incastrato e procurandosi così gravi lesioni. Con sentenza del 07 maggio 2012, il Tribunale di Pesaro, pur imputando al lavoratore infortunato un comportamento imprudente, condannava il legale rappresentante della società (datore di lavoro) per il reato di lesioni colpose gravi, aggravato dalla violazione di norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (art. 35 del d.lgs. n. 626/1994 e art. 61 del d.P.R. n. 547/1955). Tale decisione veniva confermata dalla Corte d’Appello di Ancona in data 21 novembre 2013. Avverso quest’ultima decisione proponeva ricorso per cassazione la società imputata, in particolare eccependo (in uno dei sette motivi di ricorso) un vizio di motivazione in ordine al nesso causale: la Corte d’Appello avrebbe sottovalutato il comportamento gravemente imprudente del lavoratore, inosservante di specifiche direttive aziendali e tale da porsi ben oltre alla mera negligenza o imperizia nello svolgimento dell’attività lavorativa. La Suprema Corte, constatato il decorso del termine prescrizionale ai sensi della nuova formulazione dell’art. 157 c.p. (nella specie 7 anni e 6 mesi), ha dovuto dichiarare l’estinzione del reato. Ciononostante, i giudici di legittimità hanno evidenziato come l’obbligo del giudice di pronunciarsi sull’assoluzione dell’imputato per motivi attinenti al merito sia riscontrabile esclusivamente nel caso in cui gli elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto ovvero della sua non attribuibilità emergano in modo incontrovertibile: ciò non era da ritenersi riscontrabile nel caso di specie, non potendo trovare applicazione l’art. 129, comma II, c.p.

 

TRUST

aliquota dello 8% se il disponente conferisce in trust i beni immobili di cui è proprietario, nominando sé stesso come trustee (Cass., sez. VI Civ., ord. 24 febbraio 2015, n. 3735).

 

Il corretto trattamento impositivo indiretto dell’atto di costituzione di un trust auto dichiarato è “garanzia”, richiede di assoggettare lo stesso ad imposizione in misura proporzionale, con l’aliquota residuale (e massima) dello 8%. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione, VI Sezione Civile, con l’ordinanza n. 3735 del 24 febbraio 2015. Va applicata l’imposta sulle successioni e donazioni, nella peculiare accezione concernente la costituzione di un vincolo di destinazione, assunta come autonomo presupposto impositivo, sull’attribuzione di danaro, conferita in trust e destinata ad essere investita a beneficio di terzi. L’atto di dotazione di un trust paga l’imposta di donazione immediatamente e, quindi, non se ne rimanda l’applicazione al momento in cui il trustee distribuirà il patrimonio del trust ai beneficiari. Tale assunto, invece, è stato precisato dalla Corte di Cassazione, Sesta Sezione Civile, con la ordinanza n. 3737 del 24 febbraio 2015.

 

DI TUTTO UN PO’

 

FAMIGLIA

Solo 10 giorni di convivenza ma niente assegno di mantenimento (Cass., sez. VI civ., ord. 26 marzo 2015, n. 6164).

 

La Corte di Cassazione con ordinanza 2 dicembre 2014 e depositata il 26 marzo 2015, n. 6164 ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva di ottenere dall’ex marito l’assegno di mantenimento: la breve durata del matrimonio, solo dieci giorni di convivenza e meno di cento giorni dalla data del matrimonio al deposito del ricorso per separazione, non permetterebbe l’effettiva instaurazione di una comunione materiale e spirituale tra i coniugi.

La Corte ha ribadito che in materia di divorzio, la durata del matrimonio influisce sulla determinazione della misura dell’assegno ma non anche – salvo casi eccezionali in cui non si sia verificata alcuna comunione materiale e spirituale tra i coniugi – sul riconoscimento dell’assegno.

 

INCENTIVI

Doppia agevolazione per le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e le formalizzano attraverso marchi, brevetti (l. 23 dicembre 2014, n. 190 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, c.d. legge di stabilità 2015).

 

Doppia agevolazione per le imprese che svolgono attività di ricerca e sviluppo e le formalizzano attraverso marchi, brevetti, etc. Si potrà infatti usufruire sia del credito d’imposta per R&S che del patent box. Entrambi gli strumenti sono stati introdotti dalla legge 23 dicembre 2014, n. 190, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015).

L’unica condizione prevista per l’ottenimento del credito d’imposta è che si tratti di imprese.

Ai fini della determinazione del credito d’imposta sono agevolabili, tra l’altro, le spese per il personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, iscritto a un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico come da classificazione UNESCO ISCED (International Standard Classification of Education).

Sono altresì agevolabili le quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nonché le spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale, biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale anche acquisite da fonti esterne. Non sono invece agevolabili le spese per il personale (ausiliario e tecnico), costi relativi a immobili e terreni, costi per studi di fattibilità, altri costi di esercizio.

Quando inoltre al patent box, introdotto dalla Legge di Stabilità 2015, questo prevede che la quota di reddito e del valore della produzione che possa essere oggetto di agevolazione venga definita in base al rapporto tra i costi di attività di ricerca e sviluppo sostenuti per il mantenimento, l’accrescimento e lo sviluppo del bene immateriale eleggibile e i costi complessivi sostenuti per produrre tale bene. Si fa riferimento con ciò ai costi fiscalmente rilevanti.

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

Il Prof. Avv. Serafino Ruscica, responsabile di Novastudia Milano e Novastudia Roma per la Formazione, ha svolto a Palermo una lezione per Scuola Nazionale dell’Amministrazione nell’ambito delle attività di formazione previste dalla legge 6 novembre 2012, n. 190 per i dipendenti della Regione Sicilia. Il corso, in tema di prevenzione della corruzione, ha avuto ad oggetto:

– analisi delle aree di rischio obbligatorie: area acquisizione e progressione personale;

analisi delle aree di rischio obbligatorie: area affidamento di lavori, servizi e forniture.

 

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Novastudia Milano e Novastudia Roma organizzano l’evento formativo “La compliance nei settori farmaceutico e biomedico” che si svolgerà a Roma in data del 9 aprile 2015. La scheda informativa e d’iscrizione all’evento È scaricabile sul sito www.novastudia.it

 

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Newsletter a cura di Novastudia Milano:

slt@novastudia.com

 

Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un’analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.