SOMMARIO

Novembre 2015

 

ALIMENTI

Approvato alla Camera il Provvedimento “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare” (Ddl. 348-B, istitutiva di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, 19 novembre 2015).

 

La riforma dei reati in materia agroalimentare e D.lgs. 231/2001 (Ddl. “Nuove norme in materia di reati agroalimentare” 14 ottobre 2015).

 

AMBIENTE

Via libera al Senato del Collegato Ambientale (Ddl. “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” collegato alla legge di stabilità 2014).

 

DIRITTO UE

La mancata accettazione da parte di un lavoratore di una riduzione salariale del 25 % costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi (Corte di Giustizia UE, sentenza 11 novembre 2015 C-422/14).

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

Trasferimento dati in USA: decaduta l’autorizzazione “Approdo sicuro” (Provv. Gar. Privacy, 22 ottobre, 6 novembre 2015).

 

DIRITTO DEL LAVORO

nullità della rinuncia del lavoratore alla liquidazione del trattamento di fine rapporto (Cass., sez. lavoro, sent. n. 23087/2015).

 

DIRITTO PENALE

Falso c.d. valutativo a seguito della modifica dell’art. 2621 cod. civ. (Cass. pen., Sez. V, ud. 12 novembre 2015).

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: è legge la proroga dei termini (D.L. n. 153/2015,”misure per la finanza pubblica” c.d. decreto Voluntary disclosure).

 

MARCHI E BREVETTI

L’importazione di alcuni modelli digitali dall’estero non si può bloccare.

 

PRIVACY

Telemarketing: le ultime decisioni del Garante della privacy (Garante Privacy, 26 novembre 2015).

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

poteri dl curatore fallimentare: la richiesta di dissequestro (Cass., sez. II Pen., sent. 16 novembre 2015).

 

SICUREZZA SUL LAVORO

infortunio del soggetto estraneo all’azienda (Cass., Pen. Sez. IV, sent. n. 44793/2015).

 

TRUST

Trust: il Consiglio nazionale del notariato contro gli orientamenti della Cassazione (Studio CNN 132/2015/T).

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Separazioni e divorzi in comune: il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile può essere impugnato (Trib. di Milano, sez. Nona, decreto del 24 settembre 2015).

 

INCENTIVI

Incentivi all’assunzione anche per liberi professionisti.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Aggiornato il Sistema ISO anche negli Studi legali e imprese.

 

ALIMENTI

Approvato alla Camera il Provvedimento “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare” (Ddl. 348-B, istitutiva di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, 19 novembre 2015).

 

Il 19 novembre 2015 la Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge 348-B che istituisce un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare. L’istituzione del sistema avviene in linea con la disciplina internazionale e nazionale sulla materia ed è costituito da:

  1. a) l’Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare, istituita presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (articolo 3), ove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica;
  2. b) la Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare (articolo 4);
  3. c) il Portale nazionale della biodiversità agraria e alimentare (articolo 5);
  4. d) il Comitato permanente per la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare (articolo 8).

Obiettivo di questa Legge è la valorizzazione della ricchezza agricola dell’Italia, riconoscendo all’agricoltore il ruolo di “Custode” di questo inestimabile patrimonio. All’interno del piano triennale di attività del CREA sono previsti interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla.

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La riforma dei reati in materia agroalimentare e D.lgs. 231/2001 (Ddl. “Nuove norme in materia di reati agroalimentare” 14 ottobre 2015).

 

Si sono conclusi lo scorso 14 ottobre i lavori per lo Schema di disegno di legge recante “Nuove norme in materia di reati agroalimentare”.

La strada prescelta è stata quella di un duplice intervento nel corpo del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231: l’ampliamento dei reati presupposto alle frodi in commercio di prodotti alimentare (artt. 516, 517, 517 quater e 517 quater c.p.) e dei delitti contro la salute pubblica (artt. 439, 439 bis, 440, 440 bis, 444, 445 bis e 452 c.p.) da una parte; la previsione di una peculiare figura di Modello di organizzazione e

gestione, idoneo a escludere o attenuare la responsabilità delle imprese alimentari

costituite in forma societaria, dall’altra. Ai fini del riconoscimento di una capacità esimente (o comunque attenuante) per il modello, percorrendo la strada già intrapresa in materia di sicurezza sul lavoro

dall’art. 30 del d. lgs. n. 81/2008, sono state individuate talune caratteristiche ben

precise, sostanzialmente riconducibili:

  1. a) all’adempimento di obblighi giuridici, sanciti sia a livello nazionale che sovranazionale, relativi al rispetto degli standard di fornitura di informazioni sugli alimenti, alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie, di vigilanza e di controllo sui prodotti alimentari, alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti, alle attività di valutazione e di

gestione del rischio e alle periodiche verifiche sull’effettività e sull’adeguatezza del

modello stesso;

  1. b) alla presenza, all’interno del modello, di idonei sistemi di registrazione delle

attività prescritte, di un’articolazione di funzioni tale da garantire adeguate

competenze tecniche e necessari poteri per le attività di verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, di un adeguato sistema disciplinare e soprattutto un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull’attuazione del modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.

Nei confronti di piccole e medie imprese si prevede una notevole semplificazione, con la possibilità che il compito di vigilanza possa essere assegnato a un solo soggetto, purché dotato “oltre che di autonomi poteri di iniziativa e di controllo” di adeguata professionalità e specifica competenza anche (ma non solo) nel settore alimentare, individuato nell’ambito di un elenco nazionale appositamente istituito.

Sempre in chiave semplificatoria, è consentito al titolare di imprese alimentari

aventi meno di dieci dipendenti e un volume d’affari annuo inferiore a 2 milioni di euro di svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli alimenti o mangimi e della lealtà commerciale (sempre che abbia frequentato corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva), venendo meno l’obbligo di designare l’operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità.

 

AMBIENTE

Via libera al Senato del Collegato Ambientale (Ddl. “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” collegato alla legge di stabilità 2014).

 

È stato approvato dal Senato il 4 novembre 2015 il Collegato ambientale – disegno di legge recante “disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”. Il testo ritorna ora al vaglio della Camera. Il Ddl contiene misure per: la mobilità sostenibile nelle città, difesa del mare, valutazione dell’impatto sanitario degli impianti energetici, economia circolare, prevenzione del rischio idrogeologico, potenziamento del servizio idrico e garanzia dei consumi d’acqua essenziali da parte dei cittadini più disagiati, gestione e prevenzione della produzione dei rifiuti, potenziamento e miglioramento degli acquisti verdi da parte della Pubblica amministrazione e per la tutela degli animali domestici, difesa del capitale naturale e per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi svolti dagli ecosistemi e dall’ambiente.

Viene istituito il nuovo marchio volontario “Made Green in Italy” per indicare e comunicare l’impronta ambientale dei prodotti. Chi compra potrà privilegiare il “chilometro zero” certificato e le produzioni agricole e industriali sostenibili.

 

DIRITTO UE

La mancata accettazione da parte di un lavoratore di una riduzione salariale del 25 % costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi (Corte di Giustizia UE, sentenza 11 novembre 2015 C-422/14).

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 11 novembre 2015 nella causa C-422/14, ha statuito che la risoluzione di un contratto di lavoro in seguito al rifiuto da parte del lavoratore di acconsentire a una modifica unilaterale e sostanziale, a suo svantaggio, degli elementi essenziali di tale contratto costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi. La Corte ritiene che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso rientra nella nozione di “licenziamento” ai sensi della direttiva. La Corte ricorda che i licenziamenti si caratterizzano per la mancanza di consenso da parte del lavoratore. Nel caso di specie, la cessazione del rapporto di lavoro della lavoratrice che ha acconsentito alla risoluzione consensuale è imputabile alla modifica unilaterale apportata dal datore di lavoro a un elemento sostanziale del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona della lavoratrice stessa. Tale cessazione costituisce quindi un licenziamento. Infatti, secondo i Giudici, la nozione di licenziamento non può essere interpretata restrittivamente in quanto la Direttiva UE volta al rafforzamento della tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi. Inoltre, l’obiettivo dell’armonizzazione delle norme applicabili ai licenziamenti collettivi consiste nel garantire una protezione di analoga natura dei diritti dei lavoratori nei vari Stati membri e nell’uniformare gli oneri che tali norme di tutela comportano per le imprese dell’Unione. La nozione di licenziamento condiziona direttamente l’applicazione della tutela e dei diritti predisposti dalla direttiva a favore dei lavoratori. Tale nozione incide, quindi, direttamente sugli oneri per l’impresa che la tutela dei lavoratori comporta. Di conseguenza, qualsiasi normativa nazionale o interpretazione che conduca a ritenere che, in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, la risoluzione del contratto di lavoro non costituisca un licenziamento ai sensi della direttiva altererebbe l’ambito di applicazione di quest’ultima, privandola così della sua piena efficacia.

 

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DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

Trasferimento dati in USA: decaduta l’autorizzazione “Approdo sicuro” (Provv. Gar. Privacy, 22 ottobre – 6 novembre 2015).

 

Il Garante per la Privacy ha dichiarato decaduta l’autorizzazione emanata a suo tempo con la quale si consentivano i trasferimenti di dati verso gli Stati Uniti sulla base del cosiddetto accordo “Safe Harbor”. Per poter trasferire dati oltreoceano, società multinazionali, organizzazioni e imprese italiane dovranno ricorrere alle altre possibilità previste dalla normativa sulla protezione dei dati personali. Il provvedimento (in corso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale) è stato adottato dal Garante a seguito della recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha dichiarato invalido il regime introdotto in virtù dell’accordo “Approdo sicuro” (Safe Harbor), facendo venire meno il presupposto di legittimità per il trasferimento negli Usa di dati personali dei cittadini europei per chi utilizzava questo strumento. La decisione presa dal Garante è in linea con quanto concordato nelle settimane scorse nell’ambito del Gruppo che riunisce le Autorità della privacy dell’Ue. In attesa delle prossime decisioni che verranno assunte in sede europea, le imprese potranno dunque trasferire lecitamente i dati delle persone solo avvalendosi di strumenti quali, ad esempio, le clausole contrattuali standard o le regole di condotta adottate all’interno di un medesimo gruppo (le cosiddette BCR, Binding Corporate Rules). L’Autorità si è comunque riservata di effettuare controlli per verificare la liceità e la correttezza del trasferimento dei dati.

 

DIRITTO DEL

LAVORO

 

Nullità della rinuncia del lavoratore alla liquidazione del trattamento di fine rapporto (Cass., sez. lav., sent. n. 23087/2015).

 

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla validità di un accordo transattivo sottoscritto da un lavoratore alcuni mesi prima della cessazione del rapporto di lavoro, con il quale lo stesso aveva rinunciato a veder computati ai fini del TFR benefici ed emolumenti ulteriori rispetto alla retribuzione che pure erano stati erogati con continuità nel corso del rapporto.

Poiché il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia effettuata dal lavoratore è nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato.

Il diritto alla liquidazione del TFR è dunque un diritto futuro. I giudici della Corte hanno prima di tutto chiarito che, secondo la giurisprudenza di legittimità, dal momento che il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, ” rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato”.

La rinuncia del lavoratore subordinato a diritti futuri ed eventuali, infatti, non è annullabile previa impugnazione da proporsi nel termine di cui all’art. 2113 c.c., poiché tale ultima norma si riferisce a diritti già acquisiti e non ad una rinuncia preventiva, come tale incidente sul momento genetico dei suddetti diritti.

Nel caso di specie, quindi, secondo la Cassazione, la Corte di merito ha errato nel negare che la fattispecie concreta attenesse ad una preventiva disposizione di diritti non ancora sorti né maturati.

La Corte ha, dunque, accolto il motivo di ricorso esaminato.

 

 

DIRITTO PENALE

Falso c.d. valutativo a seguito della modifica dell’art. 2621 cod. civ. (Cass. pen., Sez. V, ud. 12 novembre 2015).

 

La Corte di Cassazione nell’udienza del 12 novembre 2015, ha risolto la seguente questione: “Se a seguito della modifica dell’art. 2621 cod. civ., introdotta dall’art. 9 legge 27.5.2015 n. 69 anche mediante la soppressione dell’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, il falso c.d. valutativo sia tuttora punibile”. La Corte adottando una soluzione affermativa ha precisando che: “Nell’art. 2621 c.c. il riferimento ai ‘fatti materiali quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale a escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi, che sono anch’essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale. Infatti, quando intervengono in contesti che implicano l’accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi”. Questa soluzione si pone dunque in netto contrasto con quanto affermato dalla stessa Cassazione, Sez. V, 30 luglio 2015, n. 33774 che, al contrario, aveva affermato la sopravvenuta irrilevanza dei falsi c.d. valutativi.

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: è legge la proroga dei termini (D.L. n. 153/2015, “misure per la finanza pubblica” c.d. decreto Voluntary disclosure).

 

Il 13 novembre scorso è stato convertito in legge il d.l. n. 153/2015 che ha prorogato i termini per l’accesso alla voluntary disclosure. Come stabiliva il D.l. l’accesso alla procedura è consentito fino al 30 novembre, mentre l’integrazione dell’istanza e l’invio della relativa relazione di accompagnamento devono avvenire entro il 30 dicembre 2015, termine quest’ultimo utilizzabile non solo dai nuovi aderenti alla procedura ma anche da chi avesse già presentato la documentazione necessaria e dovesse correggerla. Inoltre, il termine ultimo per concludere le procedure di controllo ed accertamento è fissato al 31 dicembre 2016 per le contestazioni dell’anno 2010.

 

MARCHI E

BREVETTI

L’importazione di alcuni modelli digitali dall’estero non si può bloccare.

 

L’ITC (International Trade Commission) aveva imposto il blocco delle importazioni all’interno degli Stati Uniti di alcuni modelli digitali ad uso dentistico sviluppati in Pakistan e da lì inviati negli Stati Uniti per essere realizzati con stampanti 3D. La US Court of Appeals for the Federal Circuit ha accolto i ricorsi mossi nei confronti della decisione dell’ITC in quanto l’infrazione brevettuale avviene fuori dagli Stati Uniti e comporta solo successivamente, e per via telematica, l’ingresso nel Paese di mezzi per creare prodotti attraverso la stampa 3D. La questione riguarda il diritto brevettuale e la giurisdizione sui beni digitali. L’ITC considerava tale caso un aggiramento delle leggi che regolano la proprietà intellettuale e decise così di intervenire come se si trattasse di prodotti fisici. Pur non potendo ordinare un blocco dei prodotti incriminati presso le frontiere digitali, aveva deciso di considerare “spediti” negli Stati Uniti tali file, facendoli rientrare nella definizione di merce importata. L’ITC stabiliva in tal modo l’esistenza di un confine digitale che opera nella stessa maniera di quello fisico. Ciò spinse le aziende ICT e associazioni di categoria ad opporsi alla decisione della Commissione in quanto l’estensione ai dati digitali della propria giurisdizione va contro inequivocabilmente i poteri conferitoli dal Congresso. Tali argomentazioni sono state accolta dalla US Court of Appeals for the Federal Circuit.

 

 

PRIVACY

Telemarketing: le ultime decisioni del Garante della privacy (Garante Privacy, 26 novembre 2015).

 

Con la newsletter n. 480 del 26 novembre 2015, sono state rese note alcune recenti decisioni del Garante per la protezione dei dati personali inerenti al telemarketing. Le società di telemarketing non possono contattare un’utenza riservata senza aver prima acquisito il consenso dell’intestatario della linea: è quanto deciso dal Garante privacy relativamente al caso di un utente che lamentava di essere disturbato da offerte promozionali telefoniche nonostante il suo numero non fosse presente “dietro sua richiesta” in alcun elenco telefonico.

L’azienda destinataria della decisione del Garante, dopo aver inizialmente negato, aveva ammesso che alcune telefonate promozionali erano state gestite tramite il loro centralino su incarico di un gestore telefonico; nè la compagnia telefonica né il call center, tuttavia, avevano acquisito il consenso dell’utente a contattarlo sulla sua utenza. Secondo la normativa sulla privacy, invece, è possibile contattare un utente solo qualora questi abbia espresso il proprio consenso al trattamento dei dati personali per finalità di marketing.

Il Garante, pertanto, ha vietato alla società di telemarketing il trattamento dei dati personali dell’interessato e l’utilizzo del numero riservato di potenziali clienti senza previa documentazione di aver acquisito il loro consenso libero e informato.

 

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

poteri di curatore fallimentare: la richiesta di dissequestro (Cass., Sez. II Pen., Sent. 16 novembre 2015 n. 45519).

 

Con la sentenza n. 45519/15 il Supremo Collegio è tornato a pronunciarsi sulla questione della legittimazione del curatore fallimentare a proporre impugnazione contro i provvedimenti in materia di sequestro.

La Corte ha ricordato che le Sezioni Unite hanno recentemente stabilito (n. 11170/15) che il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 231/2001 (confisca). Il curatore fallimentare, infatti, deve certamente essere considerato terzo rispetto al procedimento di sequestro dei beni già appartenuti alla società fallita, con la conseguenza che non può agire in rappresentanza dei creditori.

Pertanto, il curatore non può essere considerato come “un soggetto privato che agisca in rappresentanza o sostituzione del fallito e/o dei singoli creditori o del comitato dei creditori “, ma rappresenta un ‘organo che svolge una funzione pubblica ed affianca il Tribunale ed il Giudice delegato per perseguimento degli interessi dinanzi indicati.

Il principio vale anche per le impugnazioni di provvedimenti di rigetto della richiesta di dissequestro. Il principio illustrato, secondo il quale il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro, sottolinea la Corte, non può che comportare la carenza di legittimazione a proporre gravame avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro.

L’assenza di legittimazione del curatore fallimentare a proporre gravame, di conseguenza, determina l’inammissibilità del ricorso.

 

SICUREZZA SUL LAVORO

infortunio del soggetto estraneo all’azienda

(Cass. Pen. sez. IV, sentenza n.

44793/2015).

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44793/2015, si è pronunciata sul tema dell’estendibilità della tutela antinfortunistica a soggetti estranei all’ambiente di lavoro.

Nella fattispecie, la Corte d’Appello di Milano aveva condannato il responsabile per la sicurezza all’interno di una s.r.l. per il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) per aver contribuito a cagionare l’investimento di un pedone.

Il giudice di merito rilevava come, pur avendo redatto il documento di valutazione dei rischi ed aver rinvenuto un pericolo nella circolazione dei pedoni nel piazzale, l’imputato non avesse predisposto alcuna misura di sicurezza idonea a scongiurare ipotesi di infortunio, come per esempio passaggi di larghezza sufficiente e delimitati da strisce per la circolazione dei pedoni.

Il condannato ricorreva per Cassazione, rilevando, tra gli altri motivi, che la persona offesa non fosse un dipendente dell’azienda.

La Cassazione ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui, in materia di prevenzione degli infortuni nel luogo di lavoro, anche il terzo ad essa estraneo è beneficiario della tutela vigente in capo ai soggetti preposti ai controlli.

Dal principio appena espresso, deriva dunque che dell’infortunio occorso all’extraneus risponde il garante della sicurezza, ove l’evento lesivo rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e il soggetto terzo non abbia posto in essere delle condotte di volontaria esposizione al pericolo.

In capo al ricorrente, infatti, vigeva un obbligo di comportamento attivo, consistente nell’attivazione delle misure idonee a neutralizzare i rischi di investimento derivanti dalla circolazione di pedoni ed automezzi nel piazzale.

 

TRUST

Trust: il Consiglio nazionale del notariato contro gli orientamenti della Cassazione (Studio CNN 132/2015/T).

 

Con lo Studio n. 132/2015/T il Consiglio nazionale del notariato ha espresso le proprie posizioni in merito al recente orientamento della Corte di Cassazione in materia di imposizione indiretta sui vincoli di destinazione. Con tre ordinanze (nn. 3735, 3737 e 3886 del 4 febbraio 2015) gli Ermellini, in merito all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni ai vincoli di destinazione, hanno ritenuto configurabile un’autonoma imposta gravante sulla costituzione del vincolo, in contrasto con il panorama interpretativo vigente negli ultimi anni.

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi in tre casi concernenti ipotesi di trust auto dichiarato con finalità di garanzia, di fondo patrimoniale e di scopo, ha annullato con rinvio le statuizioni con cui le Commissioni Tributarie Regionali si erano pronunciate nel senso della sola imposizione fissa di registro sulla costituzione del vincolo, considerando applicabile l’imposizione in misura proporzionale dell’8%.

L’inversione di tendenza prospettata dagli Ermellini consegue all’interpretazione, operata dagli stessi, dell’art. 2 del d.l. 262/2006 (recante misure in materia di riscossione); il Collegio, infatti, ha ritenuto che, con la suddetta norma, sia stata introdotta una nuova imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione e che il mero contenuto economico della destinazione basti a dimostrare la capacità contributiva del soggetto, con conseguente irrilevanza del trasferimento patrimoniale legato al vincolo.

Il Consiglio nazionale del notariato ha rilevato alcune criticità nella suddetta interpretazione, potenzialmente idonea, a parere dell’organismo, ad estendere l’applicazione dell’imposta ad ogni tipologia di vincolo di destinazione, anche di natura non traslativa ed indipendentemente dal carattere oneroso o liberale.

Lo studio del Consiglio evidenzia come l’orientamento della Suprema Corte abbia sollevato dubbi anche in molta parte della dottrina, che ha concentrato le proprie critiche sull’insostenibilità della tesi dell’istituzione di una nuova imposta, stante il tenore letterale della norma, e sul possibile contrasto dell’interpretazione suddetta con l’art. 53 della Costituzione.

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Separazioni e divorzi in comune: il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile può essere impugnato (Trib. di Milano, sez. Nona, decreto del 24 settembre 2015).

 

In caso di accordi di separazione e divorzio dinnanzi al Comune, è possibile impugnare il rifiuto dell’Ufficiale dello Stato civile a ricevere le dichiarazioni dei coniugi, necessarie per perfezionare l’iter.

Nonostante il decreto legge 132/2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione) nulla abbia disposto a tal proposito, può applicarsi la disposizione ex art. 95 del DPR 396/2000 ed entrambi i coniugi potranno rivolgersi al Tribunale. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano in un recente decreto (presidente Servetti, estensore Buffone) che negli accordi di separazione o divorzio davanti al Sindaco del Comune ha consentito di far riferimento all’art. 7 del DPR 396/2000 secondo cui “nel caso in cui l’ufficiale dello stato civile rifiuti l’adempimento di un atto da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto”. Nel silenzio del decreto legge 132/2014, dalla norma citata può desumersi un potere di rifiuto in capo al funzionario esercitabile in via generale: tuttavia, questo richiamo consente anche di rintracciare il contestuale regime giuridico di impugnazione applicabile anch’esso in via generale a fronte del diniego opposto.

A seguito del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione, sarà possibile ricorrere al Tribunale ex artt. 95 e 96 Dpr n. 396/2000. Al ricorso fa seguito un procedimento in camera di consiglio, in cui dovranno essere sentiti gli interessati e il Procuratore della Repubblica, al termine del quale il collegio provvederà con decreto motivato.

Tuttavia, il Tribunale di Milano chiarisce che il rifiuto opposto dal funzionario dovrà essere impugnato da ambedue i coniugi poichè, trattandosi dello scioglimento del loro matrimonio, costoro assumono le caratteristiche di una parte plurisoggettiva a composizione necessaria.

Al contrario, se impugnasse solo uno dei due, l’acquiescenza dell’altro integrerebbe un difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p. di colui che impugna uti singuli.

 

 

INCENTIVI

Incentivi all’assunzione anche per liberi professionisti.

Gli incentivi all’assunzione sono diversi e consistono in sgravi contributivi o in bonus conguagliati in sede di pagamento dei contributi. Le agevolazioni all’assunzione valide per le imprese possono essere utilizzate dai professionisti. Tra i pricipali si possono ricordare: Bonus disoccupati 2016; Bonus Garanzia Giovani; Apprendistato; Bonus donne disoccupate; Bonus disoccupati over 50.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Aggiornato il Sistema ISO anche negli Studi legali e imprese.

 

È stata aggiornata la normativa tecnica europea ed internazionale EN ISO 9001, finalizzata ad indicare i requisiti standard per i Sistemi di Gestione per la Qualità. L’entrata in vigore della versione aggiornata della norma, UNI EN ISO 9001:2015, determina il graduale abbandono delle disposizioni previgenti in materia.

Per un periodo di tre anni (che si concluderà nel settembre 2018), tutte le organizzazioni o imprese che hanno adeguato il loro sistema di gestione alla versione precedente della norma tecnica ISO (2008) potranno gradualmente passare alla nuova edizione.

Allo scadere del triennio, però, le certificazioni non conformi alla UNI EN ISO 9001:2015 saranno ritirate dal mercato.

 

 

Newsletter a cura di Novastudia Milano:

milano@novastudia.com

 

Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale nè utilizzato a base di operazioni straordinarie, nè preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un’analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.