Pubblicata la seconda edizione del Manuale della Protezione dei dati personali di Maglio, Polini, Tilli, Maggioli Editore

Siamo orgogliosi di avere dato alla luce la seconda edizione del nostro manuale sulla protezione dei dati personali richiestaci dall’Editore dopo il buon risultato che ha ottenuto sul mercato il nostro primo lavoro.

I ringraziamenti vanno ovviamente estesi a tutti i coautori e collaboratori.


Pubblicato Concorrenza Mercato e diritto dei consumatori a cura di G. Cassao, A. Catricalà e R. Clarizia con la partecipazione di Nicola Tilli di Novastudia

Il volume analizza in modo completo e approfondito la disciplina della concorrenza e quella relativa alla tutela del consumatore.

L’avv. Nicola Tilli si è occupato della tematica Antritrust relativa al mercato assicurativo.


Pubblicato da Giuffré Editore il manuale sulle tutele e il risarcimento del diritto dei mercato e degli intermediari a cura di Giuseppe Cassano Nicola Tilli e Giuseppe Vaciago

Una importante pubblicazione in materia di diritto finanziario affronta la tematica delle tutele del risarcimento del settore Nicola tilli di Nova studia e curatore dell’opera nonché autore di alcuni capitoli che incentrano la loro attenzione sulla disciplina sulle norme di tutela Sull’appello al pubblico risparmio e sulle sanzioni connesse.


Senato della Repubblica - Evento di presentazione del Manuale di diritto alla protezione dei dati personali

I co-autori Miriam Polini, Alessandro Anzani e Nicola Tilli di Novastudia Milano sono lieti di annunciare la presentazione del manuale sulla privacy edito da Maggioli presso la Sala Spadolini del Senato della Repubblica. Interverranno autorità  istituzionali del Senato e dell’Unione Europea.

 

Il manuale rappresenta uno studio ragionato, anche per settori, sulla materia della privacy alla luce delle modifiche introdotte dal nuovo Regolamento Europeo n. 679 del 2015. In collaborazione con Lucerna Iuris e con Avv. Marco Maglio, Presidente dell’Osservatorio Europeo sulla privacy istituito da UE e co-autore, gli autori hanno tentato un approccio pratico-operativo, per aree tematiche, alla materia senza tralasciare un’analisi degli scenari futuri generali in relazione alle novità  introdotte dal legislatore


Diritto delle assicurazioni - Questioni risarcitorie e liquidazione dei danni

È stato pubblicato da Giuffré il nuovo manuale in materia di diritto delle assicurazioni che vede come autore l’avvocato Nicola tilli di Nova studia.

Il manuale affronta tutte le tematiche di diritto connesse al sistema assicurativo italiano.


Pubblicato da Maggioli il manuale dell'Agente di assicurazioni con il patrocinio del Sindacato Nazionale Agenti

L’avvocato Nicola Tilli ha pubblicato il manuale degli agenti di assicurazione relativo alle tematiche oggetto dell’esame di Stato Ivass per l’iscrizione al registro unico degli intermediari.

Il libro affronta tutti i temi oggetto d’esame e approfondisce anche in ottica lavorativa quanto necessario per svolgere l’attività di intermediario assicurativo.


Novastudia Newsletter novembre 2015

SOMMARIO

Novembre 2015

 

ALIMENTI

Approvato alla Camera il Provvedimento “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare” (Ddl. 348-B, istitutiva di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, 19 novembre 2015).

 

La riforma dei reati in materia agroalimentare e D.lgs. 231/2001 (Ddl. “Nuove norme in materia di reati agroalimentare” 14 ottobre 2015).

 

AMBIENTE

Via libera al Senato del Collegato Ambientale (Ddl. “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” collegato alla legge di stabilità 2014).

 

DIRITTO UE

La mancata accettazione da parte di un lavoratore di una riduzione salariale del 25 % costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi (Corte di Giustizia UE, sentenza 11 novembre 2015 C-422/14).

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

Trasferimento dati in USA: decaduta l’autorizzazione “Approdo sicuro” (Provv. Gar. Privacy, 22 ottobre, 6 novembre 2015).

 

DIRITTO DEL LAVORO

nullità della rinuncia del lavoratore alla liquidazione del trattamento di fine rapporto (Cass., sez. lavoro, sent. n. 23087/2015).

 

DIRITTO PENALE

Falso c.d. valutativo a seguito della modifica dell’art. 2621 cod. civ. (Cass. pen., Sez. V, ud. 12 novembre 2015).

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: è legge la proroga dei termini (D.L. n. 153/2015,”misure per la finanza pubblica” c.d. decreto Voluntary disclosure).

 

MARCHI E BREVETTI

L’importazione di alcuni modelli digitali dall’estero non si può bloccare.

 

PRIVACY

Telemarketing: le ultime decisioni del Garante della privacy (Garante Privacy, 26 novembre 2015).

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

poteri dl curatore fallimentare: la richiesta di dissequestro (Cass., sez. II Pen., sent. 16 novembre 2015).

 

SICUREZZA SUL LAVORO

infortunio del soggetto estraneo all’azienda (Cass., Pen. Sez. IV, sent. n. 44793/2015).

 

TRUST

Trust: il Consiglio nazionale del notariato contro gli orientamenti della Cassazione (Studio CNN 132/2015/T).

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Separazioni e divorzi in comune: il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile può essere impugnato (Trib. di Milano, sez. Nona, decreto del 24 settembre 2015).

 

INCENTIVI

Incentivi all’assunzione anche per liberi professionisti.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Aggiornato il Sistema ISO anche negli Studi legali e imprese.

 

ALIMENTI

Approvato alla Camera il Provvedimento “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare” (Ddl. 348-B, istitutiva di un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo ed alimentare, 19 novembre 2015).

 

Il 19 novembre 2015 la Camera ha approvato definitivamente la proposta di legge 348-B che istituisce un sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità agraria e alimentare. L’istituzione del sistema avviene in linea con la disciplina internazionale e nazionale sulla materia ed è costituito da:

  1. a) l’Anagrafe nazionale della biodiversità agraria e alimentare, istituita presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (articolo 3), ove sono indicate tutte le risorse genetiche locali di origine vegetale, animale o microbica a rischio di estinzione o di erosione genetica;
  2. b) la Rete nazionale della biodiversità agraria e alimentare (articolo 4);
  3. c) il Portale nazionale della biodiversità agraria e alimentare (articolo 5);
  4. d) il Comitato permanente per la biodiversità di interesse agricolo ed alimentare (articolo 8).

Obiettivo di questa Legge è la valorizzazione della ricchezza agricola dell’Italia, riconoscendo all’agricoltore il ruolo di “Custode” di questo inestimabile patrimonio. All’interno del piano triennale di attività del CREA sono previsti interventi per la ricerca sulla biodiversità agraria e alimentare, sulle tecniche necessarie per favorirla, tutelarla e svilupparla.

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La riforma dei reati in materia agroalimentare e D.lgs. 231/2001 (Ddl. “Nuove norme in materia di reati agroalimentare” 14 ottobre 2015).

 

Si sono conclusi lo scorso 14 ottobre i lavori per lo Schema di disegno di legge recante “Nuove norme in materia di reati agroalimentare”.

La strada prescelta è stata quella di un duplice intervento nel corpo del D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231: l’ampliamento dei reati presupposto alle frodi in commercio di prodotti alimentare (artt. 516, 517, 517 quater e 517 quater c.p.) e dei delitti contro la salute pubblica (artt. 439, 439 bis, 440, 440 bis, 444, 445 bis e 452 c.p.) da una parte; la previsione di una peculiare figura di Modello di organizzazione e

gestione, idoneo a escludere o attenuare la responsabilità delle imprese alimentari

costituite in forma societaria, dall’altra. Ai fini del riconoscimento di una capacità esimente (o comunque attenuante) per il modello, percorrendo la strada già intrapresa in materia di sicurezza sul lavoro

dall’art. 30 del d. lgs. n. 81/2008, sono state individuate talune caratteristiche ben

precise, sostanzialmente riconducibili:

  1. a) all’adempimento di obblighi giuridici, sanciti sia a livello nazionale che sovranazionale, relativi al rispetto degli standard di fornitura di informazioni sugli alimenti, alle attività di verifica sui contenuti delle comunicazioni pubblicitarie, di vigilanza e di controllo sui prodotti alimentari, alle procedure di ritiro o di richiamo dei prodotti alimentari importati, prodotti, trasformati, lavorati o distribuiti non conformi ai requisiti di sicurezza degli alimenti, alle attività di valutazione e di

gestione del rischio e alle periodiche verifiche sull’effettività e sull’adeguatezza del

modello stesso;

  1. b) alla presenza, all’interno del modello, di idonei sistemi di registrazione delle

attività prescritte, di un’articolazione di funzioni tale da garantire adeguate

competenze tecniche e necessari poteri per le attività di verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, di un adeguato sistema disciplinare e soprattutto un idoneo sistema di vigilanza e controllo sull’attuazione del modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate.

Nei confronti di piccole e medie imprese si prevede una notevole semplificazione, con la possibilità che il compito di vigilanza possa essere assegnato a un solo soggetto, purché dotato “oltre che di autonomi poteri di iniziativa e di controllo” di adeguata professionalità e specifica competenza anche (ma non solo) nel settore alimentare, individuato nell’ambito di un elenco nazionale appositamente istituito.

Sempre in chiave semplificatoria, è consentito al titolare di imprese alimentari

aventi meno di dieci dipendenti e un volume d’affari annuo inferiore a 2 milioni di euro di svolgere direttamente i compiti di prevenzione e tutela della sicurezza degli alimenti o mangimi e della lealtà commerciale (sempre che abbia frequentato corsi di formazione adeguati alla natura dei rischi correlati alla propria attività produttiva), venendo meno l’obbligo di designare l’operatore del settore degli alimenti o dei mangimi, il responsabile della produzione e il responsabile della qualità.

 

AMBIENTE

Via libera al Senato del Collegato Ambientale (Ddl. “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” collegato alla legge di stabilità 2014).

 

È stato approvato dal Senato il 4 novembre 2015 il Collegato ambientale – disegno di legge recante “disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali”. Il testo ritorna ora al vaglio della Camera. Il Ddl contiene misure per: la mobilità sostenibile nelle città, difesa del mare, valutazione dell’impatto sanitario degli impianti energetici, economia circolare, prevenzione del rischio idrogeologico, potenziamento del servizio idrico e garanzia dei consumi d’acqua essenziali da parte dei cittadini più disagiati, gestione e prevenzione della produzione dei rifiuti, potenziamento e miglioramento degli acquisti verdi da parte della Pubblica amministrazione e per la tutela degli animali domestici, difesa del capitale naturale e per l’introduzione di sistemi di remunerazione dei servizi svolti dagli ecosistemi e dall’ambiente.

Viene istituito il nuovo marchio volontario “Made Green in Italy” per indicare e comunicare l’impronta ambientale dei prodotti. Chi compra potrà privilegiare il “chilometro zero” certificato e le produzioni agricole e industriali sostenibili.

 

DIRITTO UE

La mancata accettazione da parte di un lavoratore di una riduzione salariale del 25 % costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi (Corte di Giustizia UE, sentenza 11 novembre 2015 C-422/14).

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 11 novembre 2015 nella causa C-422/14, ha statuito che la risoluzione di un contratto di lavoro in seguito al rifiuto da parte del lavoratore di acconsentire a una modifica unilaterale e sostanziale, a suo svantaggio, degli elementi essenziali di tale contratto costituisce un licenziamento ai sensi della direttiva sui licenziamenti collettivi. La Corte ritiene che il fatto che un datore di lavoro proceda, unilateralmente e a svantaggio del lavoratore, a una modifica sostanziale degli elementi essenziali del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona del lavoratore stesso rientra nella nozione di “licenziamento” ai sensi della direttiva. La Corte ricorda che i licenziamenti si caratterizzano per la mancanza di consenso da parte del lavoratore. Nel caso di specie, la cessazione del rapporto di lavoro della lavoratrice che ha acconsentito alla risoluzione consensuale è imputabile alla modifica unilaterale apportata dal datore di lavoro a un elemento sostanziale del contratto di lavoro per ragioni non inerenti alla persona della lavoratrice stessa. Tale cessazione costituisce quindi un licenziamento. Infatti, secondo i Giudici, la nozione di licenziamento non può essere interpretata restrittivamente in quanto la Direttiva UE volta al rafforzamento della tutela dei lavoratori in caso di licenziamenti collettivi. Inoltre, l’obiettivo dell’armonizzazione delle norme applicabili ai licenziamenti collettivi consiste nel garantire una protezione di analoga natura dei diritti dei lavoratori nei vari Stati membri e nell’uniformare gli oneri che tali norme di tutela comportano per le imprese dell’Unione. La nozione di licenziamento condiziona direttamente l’applicazione della tutela e dei diritti predisposti dalla direttiva a favore dei lavoratori. Tale nozione incide, quindi, direttamente sugli oneri per l’impresa che la tutela dei lavoratori comporta. Di conseguenza, qualsiasi normativa nazionale o interpretazione che conduca a ritenere che, in una fattispecie come quella oggetto del procedimento principale, la risoluzione del contratto di lavoro non costituisca un licenziamento ai sensi della direttiva altererebbe l’ambito di applicazione di quest’ultima, privandola così della sua piena efficacia.

 

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DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

Trasferimento dati in USA: decaduta l’autorizzazione “Approdo sicuro” (Provv. Gar. Privacy, 22 ottobre – 6 novembre 2015).

 

Il Garante per la Privacy ha dichiarato decaduta l’autorizzazione emanata a suo tempo con la quale si consentivano i trasferimenti di dati verso gli Stati Uniti sulla base del cosiddetto accordo “Safe Harbor”. Per poter trasferire dati oltreoceano, società multinazionali, organizzazioni e imprese italiane dovranno ricorrere alle altre possibilità previste dalla normativa sulla protezione dei dati personali. Il provvedimento (in corso di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale) è stato adottato dal Garante a seguito della recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che ha dichiarato invalido il regime introdotto in virtù dell’accordo “Approdo sicuro” (Safe Harbor), facendo venire meno il presupposto di legittimità per il trasferimento negli Usa di dati personali dei cittadini europei per chi utilizzava questo strumento. La decisione presa dal Garante è in linea con quanto concordato nelle settimane scorse nell’ambito del Gruppo che riunisce le Autorità della privacy dell’Ue. In attesa delle prossime decisioni che verranno assunte in sede europea, le imprese potranno dunque trasferire lecitamente i dati delle persone solo avvalendosi di strumenti quali, ad esempio, le clausole contrattuali standard o le regole di condotta adottate all’interno di un medesimo gruppo (le cosiddette BCR, Binding Corporate Rules). L’Autorità si è comunque riservata di effettuare controlli per verificare la liceità e la correttezza del trasferimento dei dati.

 

DIRITTO DEL

LAVORO

 

Nullità della rinuncia del lavoratore alla liquidazione del trattamento di fine rapporto (Cass., sez. lav., sent. n. 23087/2015).

 

La Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi sulla validità di un accordo transattivo sottoscritto da un lavoratore alcuni mesi prima della cessazione del rapporto di lavoro, con il quale lo stesso aveva rinunciato a veder computati ai fini del TFR benefici ed emolumenti ulteriori rispetto alla retribuzione che pure erano stati erogati con continuità nel corso del rapporto.

Poiché il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, la rinuncia effettuata dal lavoratore è nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato.

Il diritto alla liquidazione del TFR è dunque un diritto futuro. I giudici della Corte hanno prima di tutto chiarito che, secondo la giurisprudenza di legittimità, dal momento che il diritto alla liquidazione del trattamento di fine rapporto del lavoratore ancora in servizio è un diritto futuro, ” rinuncia effettuata dal lavoratore è radicalmente nulla ai sensi degli artt. 1418, comma 2, e 1325 c.c., per mancanza dell’oggetto, non essendo ancora il diritto entrato nel patrimonio del lavoratore e non essendo sufficiente l’accantonamento delle somme già effettuato”.

La rinuncia del lavoratore subordinato a diritti futuri ed eventuali, infatti, non è annullabile previa impugnazione da proporsi nel termine di cui all’art. 2113 c.c., poiché tale ultima norma si riferisce a diritti già acquisiti e non ad una rinuncia preventiva, come tale incidente sul momento genetico dei suddetti diritti.

Nel caso di specie, quindi, secondo la Cassazione, la Corte di merito ha errato nel negare che la fattispecie concreta attenesse ad una preventiva disposizione di diritti non ancora sorti né maturati.

La Corte ha, dunque, accolto il motivo di ricorso esaminato.

 

 

DIRITTO PENALE

Falso c.d. valutativo a seguito della modifica dell’art. 2621 cod. civ. (Cass. pen., Sez. V, ud. 12 novembre 2015).

 

La Corte di Cassazione nell’udienza del 12 novembre 2015, ha risolto la seguente questione: “Se a seguito della modifica dell’art. 2621 cod. civ., introdotta dall’art. 9 legge 27.5.2015 n. 69 anche mediante la soppressione dell’inciso “ancorché oggetto di valutazioni”, il falso c.d. valutativo sia tuttora punibile”. La Corte adottando una soluzione affermativa ha precisando che: “Nell’art. 2621 c.c. il riferimento ai ‘fatti materiali quali possibili oggetti di una falsa rappresentazione della realtà non vale a escludere la rilevanza penale degli enunciati valutativi, che sono anch’essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati o esibiti in una comunicazione sociale. Infatti, quando intervengono in contesti che implicano l’accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere una funzione informativa e possono dirsi veri o falsi”. Questa soluzione si pone dunque in netto contrasto con quanto affermato dalla stessa Cassazione, Sez. V, 30 luglio 2015, n. 33774 che, al contrario, aveva affermato la sopravvenuta irrilevanza dei falsi c.d. valutativi.

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: è legge la proroga dei termini (D.L. n. 153/2015, “misure per la finanza pubblica” c.d. decreto Voluntary disclosure).

 

Il 13 novembre scorso è stato convertito in legge il d.l. n. 153/2015 che ha prorogato i termini per l’accesso alla voluntary disclosure. Come stabiliva il D.l. l’accesso alla procedura è consentito fino al 30 novembre, mentre l’integrazione dell’istanza e l’invio della relativa relazione di accompagnamento devono avvenire entro il 30 dicembre 2015, termine quest’ultimo utilizzabile non solo dai nuovi aderenti alla procedura ma anche da chi avesse già presentato la documentazione necessaria e dovesse correggerla. Inoltre, il termine ultimo per concludere le procedure di controllo ed accertamento è fissato al 31 dicembre 2016 per le contestazioni dell’anno 2010.

 

MARCHI E

BREVETTI

L’importazione di alcuni modelli digitali dall’estero non si può bloccare.

 

L’ITC (International Trade Commission) aveva imposto il blocco delle importazioni all’interno degli Stati Uniti di alcuni modelli digitali ad uso dentistico sviluppati in Pakistan e da lì inviati negli Stati Uniti per essere realizzati con stampanti 3D. La US Court of Appeals for the Federal Circuit ha accolto i ricorsi mossi nei confronti della decisione dell’ITC in quanto l’infrazione brevettuale avviene fuori dagli Stati Uniti e comporta solo successivamente, e per via telematica, l’ingresso nel Paese di mezzi per creare prodotti attraverso la stampa 3D. La questione riguarda il diritto brevettuale e la giurisdizione sui beni digitali. L’ITC considerava tale caso un aggiramento delle leggi che regolano la proprietà intellettuale e decise così di intervenire come se si trattasse di prodotti fisici. Pur non potendo ordinare un blocco dei prodotti incriminati presso le frontiere digitali, aveva deciso di considerare “spediti” negli Stati Uniti tali file, facendoli rientrare nella definizione di merce importata. L’ITC stabiliva in tal modo l’esistenza di un confine digitale che opera nella stessa maniera di quello fisico. Ciò spinse le aziende ICT e associazioni di categoria ad opporsi alla decisione della Commissione in quanto l’estensione ai dati digitali della propria giurisdizione va contro inequivocabilmente i poteri conferitoli dal Congresso. Tali argomentazioni sono state accolta dalla US Court of Appeals for the Federal Circuit.

 

 

PRIVACY

Telemarketing: le ultime decisioni del Garante della privacy (Garante Privacy, 26 novembre 2015).

 

Con la newsletter n. 480 del 26 novembre 2015, sono state rese note alcune recenti decisioni del Garante per la protezione dei dati personali inerenti al telemarketing. Le società di telemarketing non possono contattare un’utenza riservata senza aver prima acquisito il consenso dell’intestatario della linea: è quanto deciso dal Garante privacy relativamente al caso di un utente che lamentava di essere disturbato da offerte promozionali telefoniche nonostante il suo numero non fosse presente “dietro sua richiesta” in alcun elenco telefonico.

L’azienda destinataria della decisione del Garante, dopo aver inizialmente negato, aveva ammesso che alcune telefonate promozionali erano state gestite tramite il loro centralino su incarico di un gestore telefonico; nè la compagnia telefonica né il call center, tuttavia, avevano acquisito il consenso dell’utente a contattarlo sulla sua utenza. Secondo la normativa sulla privacy, invece, è possibile contattare un utente solo qualora questi abbia espresso il proprio consenso al trattamento dei dati personali per finalità di marketing.

Il Garante, pertanto, ha vietato alla società di telemarketing il trattamento dei dati personali dell’interessato e l’utilizzo del numero riservato di potenziali clienti senza previa documentazione di aver acquisito il loro consenso libero e informato.

 

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

poteri di curatore fallimentare: la richiesta di dissequestro (Cass., Sez. II Pen., Sent. 16 novembre 2015 n. 45519).

 

Con la sentenza n. 45519/15 il Supremo Collegio è tornato a pronunciarsi sulla questione della legittimazione del curatore fallimentare a proporre impugnazione contro i provvedimenti in materia di sequestro.

La Corte ha ricordato che le Sezioni Unite hanno recentemente stabilito (n. 11170/15) che il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell’art. 19 d.lgs. n. 231/2001 (confisca). Il curatore fallimentare, infatti, deve certamente essere considerato terzo rispetto al procedimento di sequestro dei beni già appartenuti alla società fallita, con la conseguenza che non può agire in rappresentanza dei creditori.

Pertanto, il curatore non può essere considerato come “un soggetto privato che agisca in rappresentanza o sostituzione del fallito e/o dei singoli creditori o del comitato dei creditori “, ma rappresenta un ‘organo che svolge una funzione pubblica ed affianca il Tribunale ed il Giudice delegato per perseguimento degli interessi dinanzi indicati.

Il principio vale anche per le impugnazioni di provvedimenti di rigetto della richiesta di dissequestro. Il principio illustrato, secondo il quale il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro, sottolinea la Corte, non può che comportare la carenza di legittimazione a proporre gravame avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di dissequestro.

L’assenza di legittimazione del curatore fallimentare a proporre gravame, di conseguenza, determina l’inammissibilità del ricorso.

 

SICUREZZA SUL LAVORO

infortunio del soggetto estraneo all’azienda

(Cass. Pen. sez. IV, sentenza n.

44793/2015).

 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 44793/2015, si è pronunciata sul tema dell’estendibilità della tutela antinfortunistica a soggetti estranei all’ambiente di lavoro.

Nella fattispecie, la Corte d’Appello di Milano aveva condannato il responsabile per la sicurezza all’interno di una s.r.l. per il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.) per aver contribuito a cagionare l’investimento di un pedone.

Il giudice di merito rilevava come, pur avendo redatto il documento di valutazione dei rischi ed aver rinvenuto un pericolo nella circolazione dei pedoni nel piazzale, l’imputato non avesse predisposto alcuna misura di sicurezza idonea a scongiurare ipotesi di infortunio, come per esempio passaggi di larghezza sufficiente e delimitati da strisce per la circolazione dei pedoni.

Il condannato ricorreva per Cassazione, rilevando, tra gli altri motivi, che la persona offesa non fosse un dipendente dell’azienda.

La Cassazione ha confermato il consolidato orientamento giurisprudenziale per cui, in materia di prevenzione degli infortuni nel luogo di lavoro, anche il terzo ad essa estraneo è beneficiario della tutela vigente in capo ai soggetti preposti ai controlli.

Dal principio appena espresso, deriva dunque che dell’infortunio occorso all’extraneus risponde il garante della sicurezza, ove l’evento lesivo rientri nell’area di rischio definita dalla regola cautelare violata e il soggetto terzo non abbia posto in essere delle condotte di volontaria esposizione al pericolo.

In capo al ricorrente, infatti, vigeva un obbligo di comportamento attivo, consistente nell’attivazione delle misure idonee a neutralizzare i rischi di investimento derivanti dalla circolazione di pedoni ed automezzi nel piazzale.

 

TRUST

Trust: il Consiglio nazionale del notariato contro gli orientamenti della Cassazione (Studio CNN 132/2015/T).

 

Con lo Studio n. 132/2015/T il Consiglio nazionale del notariato ha espresso le proprie posizioni in merito al recente orientamento della Corte di Cassazione in materia di imposizione indiretta sui vincoli di destinazione. Con tre ordinanze (nn. 3735, 3737 e 3886 del 4 febbraio 2015) gli Ermellini, in merito all’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni ai vincoli di destinazione, hanno ritenuto configurabile un’autonoma imposta gravante sulla costituzione del vincolo, in contrasto con il panorama interpretativo vigente negli ultimi anni.

La Cassazione, chiamata a pronunciarsi in tre casi concernenti ipotesi di trust auto dichiarato con finalità di garanzia, di fondo patrimoniale e di scopo, ha annullato con rinvio le statuizioni con cui le Commissioni Tributarie Regionali si erano pronunciate nel senso della sola imposizione fissa di registro sulla costituzione del vincolo, considerando applicabile l’imposizione in misura proporzionale dell’8%.

L’inversione di tendenza prospettata dagli Ermellini consegue all’interpretazione, operata dagli stessi, dell’art. 2 del d.l. 262/2006 (recante misure in materia di riscossione); il Collegio, infatti, ha ritenuto che, con la suddetta norma, sia stata introdotta una nuova imposta sulla costituzione del vincolo di destinazione e che il mero contenuto economico della destinazione basti a dimostrare la capacità contributiva del soggetto, con conseguente irrilevanza del trasferimento patrimoniale legato al vincolo.

Il Consiglio nazionale del notariato ha rilevato alcune criticità nella suddetta interpretazione, potenzialmente idonea, a parere dell’organismo, ad estendere l’applicazione dell’imposta ad ogni tipologia di vincolo di destinazione, anche di natura non traslativa ed indipendentemente dal carattere oneroso o liberale.

Lo studio del Consiglio evidenzia come l’orientamento della Suprema Corte abbia sollevato dubbi anche in molta parte della dottrina, che ha concentrato le proprie critiche sull’insostenibilità della tesi dell’istituzione di una nuova imposta, stante il tenore letterale della norma, e sul possibile contrasto dell’interpretazione suddetta con l’art. 53 della Costituzione.

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Separazioni e divorzi in comune: il rifiuto dell’ufficiale dello stato civile può essere impugnato (Trib. di Milano, sez. Nona, decreto del 24 settembre 2015).

 

In caso di accordi di separazione e divorzio dinnanzi al Comune, è possibile impugnare il rifiuto dell’Ufficiale dello Stato civile a ricevere le dichiarazioni dei coniugi, necessarie per perfezionare l’iter.

Nonostante il decreto legge 132/2014 (Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione) nulla abbia disposto a tal proposito, può applicarsi la disposizione ex art. 95 del DPR 396/2000 ed entrambi i coniugi potranno rivolgersi al Tribunale. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano in un recente decreto (presidente Servetti, estensore Buffone) che negli accordi di separazione o divorzio davanti al Sindaco del Comune ha consentito di far riferimento all’art. 7 del DPR 396/2000 secondo cui “nel caso in cui l’ufficiale dello stato civile rifiuti l’adempimento di un atto da chiunque richiesto, deve indicare per iscritto al richiedente i motivi del rifiuto”. Nel silenzio del decreto legge 132/2014, dalla norma citata può desumersi un potere di rifiuto in capo al funzionario esercitabile in via generale: tuttavia, questo richiamo consente anche di rintracciare il contestuale regime giuridico di impugnazione applicabile anch’esso in via generale a fronte del diniego opposto.

A seguito del rifiuto dell’ufficiale dello stato civile di ricevere in tutto o in parte una dichiarazione, sarà possibile ricorrere al Tribunale ex artt. 95 e 96 Dpr n. 396/2000. Al ricorso fa seguito un procedimento in camera di consiglio, in cui dovranno essere sentiti gli interessati e il Procuratore della Repubblica, al termine del quale il collegio provvederà con decreto motivato.

Tuttavia, il Tribunale di Milano chiarisce che il rifiuto opposto dal funzionario dovrà essere impugnato da ambedue i coniugi poichè, trattandosi dello scioglimento del loro matrimonio, costoro assumono le caratteristiche di una parte plurisoggettiva a composizione necessaria.

Al contrario, se impugnasse solo uno dei due, l’acquiescenza dell’altro integrerebbe un difetto di interesse ad agire ex art. 100 c.p. di colui che impugna uti singuli.

 

 

INCENTIVI

Incentivi all’assunzione anche per liberi professionisti.

Gli incentivi all’assunzione sono diversi e consistono in sgravi contributivi o in bonus conguagliati in sede di pagamento dei contributi. Le agevolazioni all’assunzione valide per le imprese possono essere utilizzate dai professionisti. Tra i pricipali si possono ricordare: Bonus disoccupati 2016; Bonus Garanzia Giovani; Apprendistato; Bonus donne disoccupate; Bonus disoccupati over 50.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Aggiornato il Sistema ISO anche negli Studi legali e imprese.

 

È stata aggiornata la normativa tecnica europea ed internazionale EN ISO 9001, finalizzata ad indicare i requisiti standard per i Sistemi di Gestione per la Qualità. L’entrata in vigore della versione aggiornata della norma, UNI EN ISO 9001:2015, determina il graduale abbandono delle disposizioni previgenti in materia.

Per un periodo di tre anni (che si concluderà nel settembre 2018), tutte le organizzazioni o imprese che hanno adeguato il loro sistema di gestione alla versione precedente della norma tecnica ISO (2008) potranno gradualmente passare alla nuova edizione.

Allo scadere del triennio, però, le certificazioni non conformi alla UNI EN ISO 9001:2015 saranno ritirate dal mercato.

 

 

Newsletter a cura di Novastudia Milano:

milano@novastudia.com

 

Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale nè utilizzato a base di operazioni straordinarie, nè preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un’analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.


Novastudia Newsletter ottobre 2015

SOMMARIO

 

ALIMENTI

OGM: tutto quello che c’è da sapere (P.E. 27 ottobre 2015).

 

AMBIENTE

Procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancata revisione dei piani di gestione dei rifiuti (2015/0439 – 2015/2165 – Piani regionali di gestione dei rifiuti. Attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE).

 

DIRITTO UE

TTIP e clausola ISDS: una faccenda davvero complicata.

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

Facebook e il trasferimento dei dati in Usa (Corte di Giustizia Ue, sentenza del 6 ottobre 2015, C-362-14).

 

DIRITTO DEL LAVORO

La crisi d’impresa di lungo corso non costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento (C. Cass., sez. Lav., sent. 13 ottobre 2015, n. 20534/15).

 

DIRITTO PENALE

Anche se grossolana, la contraffazione è reato (C. Cass. Pen., 8 ottobre 2015, n. 40394).

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Reati tributari e individuazione del profitto (C. Cass., sent. 9 ottobre 2015, n. 40534)

 

MARCHI E BREVETTI

XAΛΛOYMI e HALLOUMI non sono marchi comunitari (Trib. Ue, sent. 7 ottobre 2015 C- 292/14 e T-293/14).

 

PRIVACY

Google e diritto all’oblio: 50 le cause sostenute dal Garante (Garante Privacy, 26 ottobre 2015).

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

La responsabilità degli enti non è retroattiva (C. Cass. Pen. Sez. III, 30 settembre 2015, n. 39373).

 

SICUREZZA SUL LAVORO

Responsabilita’ del datore per la morte del lavoratore cagionata da macchinari non a norma (C. Cass. Pen., Sez. IV, sent. 28 ottobre 2015, n. 43425).

 

TRUST

Si alla revocatoria se Trust in danno ai creditori (Trib. Roma, 12 ottobre 2015).

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Diritto alla continuità affettiva dei bimbi in affido (DDL. n. 2957 sul “diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare” 14 ottobre 2015).

 

INCENTIVI

Misure per l’autoimprenditorialità – Nuove imprese a tasso zero (circolare direttoriale 9 ottobre 2015 n. 75445).

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Ancora nessun obbligo di assicurazione professionale per gli avvocati

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

OGM: tutto quello che c’è da sapere (P.E. 27 ottobre 2015).

 

Sul sito del Parlamento europeo è stato pubblicato IL 27 OTTOBRE 2015 una breve sintesi dal titolo: “ogm: tutto quello che c’è da sapere”. Da aprile 2015, con la nuova direttiva UE è stato stabilito che i paesi possono decidere se consentire la coltivazione di OGM sul loro territorio. Per gli OGM sono necessarie in Unione Europea una autorizzazione preventiva e una valutazione scientifica del rischio, sia per la coltivazione che la commercializzazione degli OGM importati.

L’autorizzazione è stabilita a livello europeo, anche se i paesi hanno l’ultima parola.

 

AMBIENTE

Procedura d’infrazione contro l’Italia per la mancata revisione dei piani di gestione dei rifiuti (2015/0439 – 2015/2165 – Piani regionali di gestione dei rifiuti. Attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE).

 

La Commissione Ue ha aperto una procedura d’infrazione (2015/0439 – 2015/2165 – Piani regionali di gestione dei rifiuti. Attuazione degli artt. 28 e 30 della direttiva 2008/98/CE.) contro l’Italia per la mancata revisione dei piani di gestione dei rifiuti, prevista ogni sei anni dalla direttiva 2008/98. Per il territorio italiano sono le Regioni a dover provvedere. Con la messa in mora si sono verificate le attività di aggiornamento, riscontrando inadempienze per tutte le Regioni e Province autonome italiane ad eccezione di Lazio, messosi in regola nel 2012, Marche, regolarizzatesi nel corso di quest’anno, Puglia e Umbria, non ancora in regola, ma che hanno tempo sino a fine anno per provvedere.

 

 

DIRITTO UE

TTIP e clausola ISDS: una faccenda davvero complicata.

 

TTIP è un acronimo del nome inglese Transatlantic Trade and Investment Partnership ed è l’accordo commerciale di libero scambio in corso di negoziazione tra l’Unione e gli Stati Uniti d’America con l’obiettivo di “aumentare gli scambi e gli investimenti tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti realizzando il potenziale inutilizzato di un mercato veramente transatlantico, generando nuove opportunità economiche di creazione di posti di lavoro e di crescita mediante un maggiore accesso al mercato e una migliore compatibilità normativa e ponendo le basi per norme globali”. L’accordo potrebbe, quindi, aprire il mercato statunitense alle imprese dell’Unione europea, in particolare a quelle più piccole, contribuendo a ridurre i costi ed eliminando gli oneri amministrativi superflui. La Commissione europea sta negoziando il TTIP e pare che il testo finale comprenderà 24 capitoli. Le trattative sono state spesso oggetto di critiche, soprattutto per la loro segretezza.

Una delle questioni più controverse riguarda, però, la clausola ISDS, Investor-State Dispute Settlement, ossia la risoluzione delle controversie tra investitore e Stato attraverso un procedimento arbitrale. Si tratta di uno strumento presente in numerosi trattati di libero scambio e d’investimento che permette di ricorrere a una Corte arbitrale per proteggere gli investimenti internazionali delle imprese straniere nel paese di accoglienza bypassando il Tribunale nazionale. Perché è così controversa la clausola ISDS? La Corte arbitrale è composta da tre esperti di commercio, in genere, avvocati e docenti universitari di diritto internazionale che vengono scelti: il primo dall’azienda, il secondo dallo Stato e il terzo dai primi due. Decidono in luogo dei Tribunali nazionali e le udienze non sono pubbliche ma le sentenze sono vincolanti per gli Stati ed enti locali. Secondo uno studio UNCTAD (La Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo) del febbraio 2015, nel corso del 2014 sono stati presentati dagli investitori 42 ricorsi a tribunali ISDS. Come rilevato, le maggiori critiche volte a questo strumento riguardano il rischio per la sovranità degli Stati, in quanto si permetterebbe alle multinazionali di ricorrere contro alcune legislazioni dei Paesi. L’8 luglio 2015 il Parlamento Europeo ha approvato una Risoluzione nella quale chiede alla Commissione di garantire che gli investitori stranieri siano trattati in modo non discriminatorio e che beneficino al contempo degli stessi diritti degli investitori nazionali, sostituendo il sistema ISDS con un nuovo sistema per la risoluzione delle controversie tra investitori e Stati. Tale nuovo sistema dovrebbe essere soggetto ai principi e al controllo democratici, i possibili casi dovrebbero essere trattati in modo trasparente da giudici togati, indipendenti e nominati pubblicamente, le udienze dovrebbero essere pubbliche e si dovrebbe prevedere un meccanismo di appello in grado di assicurare la coerenza delle sentenze ed il rispetto della giurisdizione dei tribunali dell’Unione e degli Stati membri. La Commissione europea il 16 settembre scorso ha approvato la proposta relativa al nuovo meccanismo di risoluzione delle controversie tra investitori e Stati che dovrebbe sostituire l’attuale. La Commissione avvierà ora le discussioni con il Consiglio e il Parlamento europeo. Quando il testo della proposta sarà stato discusso, verrà presentato come proposta della UE nei negoziati commerciali UE-USA e sarà utilizzato in altri negoziati in corso e futuri.

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

 

Facebook e il trasferimento dei dati in Usa (Corte di Giustizia Ue, sentenza del 6 ottobre 2015, C-362-14).

 

La Corte di Giustizia dell’Ue con sentenza del 6 ottobre scorso nella causa C-362-14 ha dichiarato invalida la decisione della Commissione europea, del 26 luglio 2000, che attestava che gli Stati Uniti garantiscono un adeguato livello di protezione dei dati personali trasferiti. La Corte ha stabilito che qualora esista una decisione della Commissione che dichiara adeguato un livello di protezione in un Paese terzo, le Autorità nazionali di controllo possono comunque valutare se il trasferimento dei dati della persona verso quel Paese rispetti i requisiti della normativa dell’Unione sulla protezione dei dati. Il caso esaminato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea riguardava un cittadino austriaco, utente di Facebook dal 2008, i cui dati furono trasferiti, come avviene per gli utenti Ue di tale servizio, in tutto o in parte, dalla filiale irlandese di Facebook, su server situati nel territorio degli Stati Uniti, dove poi sarebbero stati trattati. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza del 6 ottobre 2015 precisava che una decisione della Commissione che dichiara che un Paese terzo garantisce un livello di protezione adeguato dei dati personali trasferiti non può sopprimere e neppure ridurre i poteri di controllo di cui dispongono le Autorità Nazionali in forza della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati. La Corte sottolinea, a questo proposito, il diritto alla protezione dei dati personali garantito dalla Carta e la missione di cui sono investite le Autorità nazionali di controllo in forza della Carta medesima. Secondo la Corte, la Commissione nella sua decisione si é limitata a esaminare il regime denominato “dell’approdo sicuro” non menzionando l’esistenza, negli Stati Uniti, di norme intese a limitare eventuali ingerenze da parte delle Autorità pubbliche americane nei diritti fondamentali delle persone, né l’esistenza di una tutela giuridica efficace contro tali ingerenze. Sotto il profilo della tutela equivalente, una normativa che consenta alle Autorità pubbliche di accedere in maniera generalizzata al contenuto di comunicazioni elettroniche deve essere considerata lesiva del contenuto essenziale del diritto fondamentale al rispetto della vita privata. Parimenti, la Corte osserva come una normativa che non preveda la facoltà per il singolo di esperire rimedi giuridici diretti a impedire a terzi di accedere ai dati personali che lo riguardano, né tantomeno la possibilità di ottenerne la rettifica o la cancellazione, viola il contenuto essenziale del diritto fondamentale a una tutela giurisdizionale effettiva. La Commissione non aveva, dunque, la competenza per limitare i poteri delle Autorità nazionali di controllo e, pertanto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea dichiarava invalida la decisione del 26 luglio 2000 con la conseguenza che l’Autorità irlandese di controllo sarà tenuta a esaminare la denuncia del cittadino austriaco. Al termine della sua indagine, dovrà decidere se, in forza della direttiva, occorrerà sospendere il trasferimento dei dati degli utenti Facebook europei verso gli Stati Uniti perché tale Paese non offre un livello di protezione dei dati personali adeguato.

 

 

DIRITTO DEL

LAVORO

 

La crisi d’impresa di lungo corso non costituisce giustificato motivo oggettivo di licenziamento (C. Cass., sez. Lav., sent. 13 ottobre 2015, n. 20534/15).

 

Secondo la Cassazione, la crisi economica dell’azienda costituisce giustificato motivo oggettivo del licenziamento purché essa non si sia protratta per un lasso di tempo eccessivamente lungo.

A sostegno di tale assunto si argomenta che la crisi di lungo periodo, proprio a causa della sua non contingenza, non può costituire circostanza idonea a costringere il datore di lavoro a licenziare una parte dei suoi dipendenti. Nel caso sottoposto all’attenzione della Corte, una società proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello di Venezia che accoglieva il reclamo proposto ai sensi dell’art. 1, comma 58, L. 92/12 da un lavoratore licenziato dall’impresa stessa per motivi di difficoltà economica. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando la decisione del giudice di merito argomentando che la sussistenza del giustificato motivo oggettivo deve essere valutata in relazione alle condizioni di fatto esistenti al momento del recesso.

Il giustificato motivo oggettivo può sussistere anche qualora il licenziamento sia imputabile ad un riassetto organizzativo dell’azienda, finalizzato ad una gestione più economica della stessa.

Tuttavia, nel caso di specie, la situazione di crisi aziendale “addotta a motivazione del licenziamento” si protraeva dal 2008; pertanto, il giudice di merito aveva ritenuto insussistente il giustificato motivo oggettivo per le ragioni sopra esposte.

 

DIRITTO PENALE

 

Anche se grossolana, la contraffazione è reato (Cass. Pen., 8 ottobre 2015 n. 40394).

 

La Corte di Cassazione con sentenza depositata l’8 ottobre 2015 n. 40394 ha avuto modo di ribadire ancora una volta che la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto integra il delitto di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474 c.p.) anche se la contraffazione é grossolana. La questione della configurabilità del delitto di cui agli artt. 473 e 474 cod. pen. con riferimento alla produzione di oggetti seriali, costituenti riproduzione morfologica di cose protette da marchio è, infatti, stata oggetto di un dibattito che ha portato a contrastanti indirizzi giurisprudenziali. Nella sentenza dell’8 ottobre 2015 n. 40394 la Corte di Cassazione torna sull’argomento ribadendo che non è estranea alla previsione del reato di cui all’art. 474 cod. pen. la condotta di chi produce e mette in commercio prodotti seriali che riproducono un personaggio di fantasia protetto da registrazione ancorché in modo imperfetto e senza indicazione della sua denominazione. Infatti, ai fini della configurabilità del reato di commercio di prodotti con segni falsi è sufficiente e necessaria l’idoneità della falsificazione a ingenerare confusione, con riferimento non solo al momento dell’acquisto, bensì alla loro successiva utilizzazione. A nulla rileva che il marchio, se notorio, risulti o meno registrato, in quanto dall’illiceità dell’uso senza giusto motivo di un marchio identico o simile ad altro notorio anteriore deriva un indebito vantaggio.

Quanto all’inidoneità della condotta la Suprema Corte, in questa pronuncia, ricorda che integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione grossolana. L’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni distintivi che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione anche a tutela del titolare dei marchi.

In quanto reato contro la pubblica fede, si perfeziona anche attraverso il compimento di un atto isolato di vendita o di messa in vendita di un prodotto contraddistinto da marchi o da segni distintivi mendaci. Si tratta, pertanto, di un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno. Ne consegue che non può parlarsi di reato impossibile per il solo fatto che l’asserita grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti vengano tratti in inganno.

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Reati tributari

e individuazione

del profitto (C. Cass., sent. 9 ottobre 2015, n. 40534).

 

La sentenza della Corte di Cassazione del 9 ottobre 2015 n. 40534 verte sulla problematica riguardante l’individuazione del profitto nei reati tributari ex art. 11 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte) del D.Lgs 10.03.2000, n. 74, ai fini della confisca per equivalente ex art. 322-ter, II comma, c.p. Nel caso di specie, l’indagato aveva fatto confluire in un trust fiduciario alcuni suoi beni mobili e immobili, ammettendo, nell’atto costitutivo, l’esistenza di un debito verso l’erario e, quindi, con l’eventualità di vedersi esperita contro un’azione revocatoria. Ciononostante, il Tribunale di Roma, ritenendo sussistente nel caso di specie il fumus del reato, confermava il decreto di sequestro preventivo di alcuni beni conferiti nel trust. A seguito di ricorso per Cassazione, la Suprema Corte, con sentenza n. 40534/2015, ha confermato la condanna e il sequestro dei beni, in particolare statuendo che, ai fini dell’esclusione del reato ex art. 11 del D.Lgs 10.03.2000 n. 74 a nulla vale qualsivoglia indicazione – nell’atto di costituzione del trust – di un debito verso l’erario recuperabile attraverso l’esperimento di un’azione giudiziaria, in quanto ciò rappresenta in re ipsa un chiaro aggravamento della sua posizione debitoria. In merito all’individuazione del profitto del reato (confiscabile per equivalente), inoltre, la Corte di Cassazione ha chiarito che esso deve essere individuato non nell’ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto, ma nella riduzione simulata e fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi, ovvero, nella somma di denaro la cui sottrazione all’erario viene perseguita, indipendentemente dall’esito favorevole o meno (attesa la struttura di pericolo della fattispecie).

 

 

MARCHI E

BREVETTI

XAΛΛOYMI e HALLOUMI non sono marchi comunitari (Trib. Ue, sent. 7 ottobre 2015 C- 292/14 e T-293/14).

 

Il Tribunale dell’Unione europea con le Sentenze nelle cause C- 292/14 e T-293/14 del 7 ottobre 2015 ha rigettato due ricorsi della Repubblica di Cipro presentati contro due decisioni dell’UAMI concernenti domande di registrazione, rispettivamente, del segno denominativo XAΛΛOYMI e del segno denominativo HALLOUMI come marchi comunitari. Più precisamente, il 13 e il 15 febbraio 2013 la Repubblica di Cipro, ha presentato due domande di registrazione di marchio comunitario all’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (UAMI). HALLOUMI e XAΛΛOYMI, i marchi per cui era stata chiesta la registrazione, rientrano nella classificazione internazionale per formaggio, latte e prodotti lattiero-caseari. L’UAMI ha respinto le domande di registrazione sulla base del fatto che questi marchi fossero descrittivi dei prodotti e privi di carattere distintivo. La Repubblica di Cipro si é rivolta, dunque, al Tribunale dell’Unione Europea per ottenere l’annullamento delle decisioni dell’UAMI. Con sentenza del 7 ottobre 2015 il Tribunale ha respinto i ricorsi della Repubblica di Cipro, 
confermando le decisioni dell’Uami. Secondo i Giudici, i marchi non potevano essere registrati come marchi comunitari in quanto designano una specialità di formaggio di Cipro e descrivono, quindi, direttamente, almeno agli occhi del pubblico cipriota, il tipo e l’origine geografica del formaggio, del latte e dei prodotti lattiero-caseari. Ai sensi dell’art. 7 del Regolamento sul Marchio Comunitario n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire per designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica o l’epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o del servizio. I segni e le indicazioni sono quelli che, in un uso normale dal punto di vista del pubblico destinatario, possono servire per designare, direttamente o tramite la menzione di una delle sue caratteristiche essenziali, il prodotto o il servizio per cui é chiesta la registrazione. Pertanto, la valutazione del carattere descrittivo di un segno non può che essere svolta, da un lato, con riferimento ai prodotti o ai servizi interessati e, d’altro lato, con riferimento alla comprensione che ne ha il pubblico di riferimento. Inoltre, un segno che, in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali viene richiesta la sua registrazione come marchio, possieda carattere descrittivo é privo di carattere distintivo rispetto a tali prodotti o servizi. Il Tribunale ricorda, inoltre, che il regolamento sul marchio comunitario n. 207/2009 non prevede la registrazione dei marchi di certificazione; tali marchi devono essere depositati quali marchi individuali e possono essere registrati solo se nessuno degli impedimenti assoluti alla registrazione previsti dal regolamento sul marchio comunitario può essere invocato. Il diritto sul marchio comunitario può essere acquisito solo tramite registrazione e quest’ultima é rifiutata segnatamente qualora il marchio sia sprovvisto di carattere distintivo, sia illecito o qualora diritti preesistenti si contrappongano a esso.

PRIVACY

Google e diritto all’oblio: 50 le cause sostenute dal Garante (Garante Privacy, 26 ottobre 2015).

 

Sono circa cinquanta i ricorsi definiti dal Garante privacy relativi a persone comuni, figure pubbliche locali, professionisti che si sono rivolti all’Autorità dopo il mancato accoglimento delle richieste di deindicizzazione da parte di Google. Un’altra decina di ricorsi sono in via di definizione. E’ il bilancio dell’attività del Garante a quasi un anno e mezzo dalla cosiddetta sentenza “Google Spain” (C-131/12) della Corte di Giustizia dell’Unione Europea sul diritto all’oblio, che ha imposto a Google di dare un riscontro alle richieste di rimozione, dai risultati della ricerca, dei link alle pagine web che contengono il nominativo del richiedente. Di fronte al diniego di Google, gli utenti italiani possono rivolgersi in “appello” al Garante per la privacy o all’autorità giudiziaria.

In circa un terzo dei casi definiti, il Garante ha accolto le richieste degli interessati ordinando a Google la rimozione dei link a pagine presenti sul web che riportavano dati personali ritenuti non più di interesse pubblico, informazioni spesso eccedenti, riferite anche a persone estranee alla vicenda giudiziaria narrata, o lesive della sfera privata. In tutti gli altri casi, invece, l’Autorità ha respinto le richieste ritenendo che la posizione di Google fosse corretta, risultando prevalente l’interesse pubblico ad accedere alle informazioni tramite motori di ricerca. Si trattava, infatti, in prevalenza, di vicende processuali di sicuro interesse pubblico, anche a livello locale, spesso recenti o per le quali non erano ancora stati esperiti tutti i gradi di giudizio. I dati personali riportati, tra l’altro, risultavano trattati nel rispetto del principio di essenzialità dell’informazione.

 

RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

 

La responsabilità degli enti non é retroattiva (C. Cass. Pen. Sez. III, 30 settembre 2015, n. 39373).

 

Il novero dei reati contemplati dal D.lgs. 231/2001, come é noto, é in continua espansione, e questo processo di ampliamento dell’area di punibilità espone la categoria degli enti ad un ventaglio sempre più ampio di fattispecie incriminatrici. Tuttavia, come ha stabilito il 30 settembre la Corte di Cassazione, il principio di legalità, peraltro riportato anche all’interno dell’art. 2 dello stesso decreto legislativo, impedisce che un ente sia chiamato a rispondere di un reato entrato a far parte del corpus normativo del D.lgs. 231/2001 in un momento successivo rispetto alla sua commissione.

Nel caso di specie erano stati addebitati ad una società alcuni reati ambientali la cui incriminazione era avvenuta in un momento appena posteriore rispetto alla commissione degli stessi da parte delle personalità componenti l’organico dell’ente.

In questa sede occorre sottolineare un ulteriore aspetto interessante del provvedimento: la Suprema Corte, nel rinviare la decisione al Tribunale, sembra non escludere la punibilità dell’ente per il reato di stoccaggio di rifiuti, considerata la sua natura di reato permanente. La consumazione dello stesso infatti, terminerebbe, secondo giurisprudenza consolidata, con la rimozione della situazione abusiva, attività che, nel caso in esame, non sarebbe stata eseguita se non successivamente all’entrata in vigore della nuova fattispecie.

 

SICUREZZA SUL LAVORO

 

Responsabilità del datore per la morte del lavoratore cagionata da macchinari non a norma (C. Cass., Sez. IV Pen., sent. 28 ottobre 2015, n. 43425).

 

Il datore di lavoro deve vigilare affinché le attrezzature ed i macchinari utilizzati sul posto di lavoro siano mantenuti in uno stato conforme a quanto dispone la normativa sulla sicurezza sul posto dei lavoratori. Quest’obbligo va adempiuto anche in occasione delle manutenzioni operate sui macchinari a norma, che, nel processo di riparazione, possono subire delle modifiche tali da renderle pericolose per il personale addetto ai lavori.

 

Il certificato di conformità ed il marchio CE richiesti per immettere il prodotto nel mercato, infatti non costituiscono di per sé garanzie idonee ad esonerare il datore da ogni responsabilità per tutta la durata d’impiego del macchinario all’interno dell’azienda.

 

Nel caso in esame, deciso dalla Cassazione con sentenza depositata il 28 ottobre 2015, in un momento anteriore ad un infortunio mortale, era stata apportata alla macchina una modifica che aveva vanificato le misure di sicurezza delle quali il congegno stesso era inizialmente dotato. Pertanto, i giudici di merito hanno ritenuto che il datore fosse colpevole di non aver esercitato l’attività di vigilanza sulle macchine interessate dall’opera di manutenzione. La responsabilità addebitata all’ente corrisponde alla fattispecie dell’omicidio colposo, dal momento che la morte del lavoratore era stata cagionata, di fatto, dalla condotta negligente del datore che aveva omesso il controllo del macchinario.

 

TRUST

Si alla revocatoria se Trust é in danno ai creditori (Trib. Roma, 12 ottobre 2015).

 

Il Tribunale Roma con sentenza 12 ottobre 2015 ha accolto la domanda per revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. promossa dall’attore e dalla parte intervenuta, avente ad oggetto l’atto di disposizione con cui il convenuto ha trasferito in un trust la quota indivisa di sua pertinenza di un immobile di pregio. Il tribunale osserva che gli elementi di giudizio disponibili ben consentissero di ritenere che il convenuto aveva puntuale consapevolezza del pregiudizio che tale atto di disposizione arrecava ai creditori. Il debitore si era risolto a porre in essere l’atto volto a “segregare” il suo patrimonio, proprio qualche giorno dopo che il G.E. gli aveva ordinato l’immediato deposito delle somme da lui incamerate in veste di Notaio delegato per la vendita all’incanto dei beni pignorati. Inoltre le specifiche competenze professionali del convenuto, inducono il giudicante a ritenere che egli si sia risolto al compimento dell’atto di conferimento nel trust proprio al fine preordinato di sottrarre l’immobile in comproprietà, alla funzione di garanzia patrimoniale in favore di futuri e prevedibili “pretendenti”.

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

 

Diritto alla continuità affettiva dei bimbi in affido (DDL. legge n. 2957 sul “diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare” 14 ottobre 2015).

 

La Camera dei deputati, nella seduta del 14 ottobre scorso, ha definitivamente approvato, senza modificazioni, la proposta di legge n. 2957, già approvata dal Senato il 12 marzo scorso sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare. Il Provvedimento, non ancora promulgato, ridefinisce il rapporto tra procedimento di adozione e affidamento familiare (cd. Affido). Alla famiglia affidataria viene riconosciuta una corsia preferenziale, consentendole, dunque, di concorrere per l’adozione del minore in forza dei “legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia” al fine di evitare un secondo doloroso distacco. Nel caso dell’affido, la famiglia o la persona che si rende disponibile ad accogliere il minore é consapevole di offrirgli una casa e un ambiente affettivo temporanei, in quanto la responsabilità genitoriale permane in capo alla famiglia d’origine “o all’autorità che ha provveduto al suo provvisorio allontanamento” e l’obiettivo cui punta l’istituto è quello di reintegrare il minore nella sua famiglia di origine.

 

Nel caso dell’adozione, invece, la famiglia che accoglie il minore é consapevole di assumere in tutto e per tutto, al termine del periodo di affidamento preadottivo, la responsabilità genitoriale in maniera definitiva e non reversibile.

 

Ciononostante, la prassi ha dimostrato che l’affidamento, talvolta, perde nel corso del suo svolgimento il carattere di «soluzione provvisoria e temporanea» che la legge invece gli attribuisce. Come noto, il periodo massimo di affidamento previsto dalla legge è pari a 2 anni, prorogabile da parte del tribunale dei minorenni laddove se ne riscontri l’esigenza (quando la sospensione dell’affido rechi pregiudizio al minore): questo termine é, quindi, la soglia di riferimento circa la durata che dovrebbe avere la permanenza in accoglienza del minore.

In relazione all’esigenza di valorizzare il rapporto di affidamento, garantendo una corsia preferenziale nell’adozione alle famiglie già affidatarie del minore, la Corte europea per i diritti dell’uomo si è pronunciata con una sentenza 27 aprile 2010 (Affare Moretti e Benedetti c. Italia – causa n. 16318/07), che ha condannato l’Italia a risarcire una coppia di coniugi i quali, dopo essersi presi cura per 19 mesi di un minore attraverso l’istituto dell’affidamento, si era vista scavalcata da un’altra famiglia in sede di adozione.

 

Il Provvedimento approvato il 14 ottobre si compone di quattro articoli e introduce un favor per la considerazione positiva dei legami costruiti in ragione dell’affidamento, avendo cura di specificare che questi hanno rilievo solo ove il rapporto instauratosi abbia di fatto determinato una relazione profonda, proprio sul piano affettivo, tra minore e famiglia affidataria. àˆ prevista. dunque, una “corsia preferenziale” per l’adozione a favore della famiglia affidataria, laddove “dichiarato lo stato di abbandono del minore” risulti impossibile ricostruire il rapporto del minore con la famiglia d’origine. Più nel dettaglio, le nuove disposizioni stabiliscono che, laddove sia accertata l’impossibilità di recuperare il rapporto tra il minore e la famiglia d’origine e sia dunque dichiarata l’adottabilità durante un prolungato periodo di affidamento, il tribunale dei minorenni, nel decidere in ordine alla domanda di adozione legittimante presentata dalla famiglia affidataria, debba tenere conto dei legami affettivi “significativi” e del rapporto “stabile e duraturo” consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria. Anche laddove il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia adottato da famiglia diversa da quella affidataria o sia dato in affidamento ad altra famiglia, viene tutelato comunque il diritto del minore alla continuità affettiva delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi con la famiglia affidataria, se rispondente all’interesse del minore. Inoltre, il Giudice, nel decidere su ritorno in famiglia, adozione e nuovo affidamento, deve non solo tenere conto della valutazione dei servizi sociali, ma anche procedere all’ascolto del minore maggiore di 12 anni e, se capace di discernimento, anche del minore infradodicenne. La nuova normativa, che esclude da questa “corsia preferenziale” sia le coppie di fatto che i single, consente quale unica eccezione il caso particolare dell’orfano di padre e di madre.

 

In tal caso l’adozione è consentita non solo a persone legate da vincolo di parentela o da rapporto stabile e duraturo preesistente alla perdita dei genitori, ma anche alle coppie di fatto e alla persona singola; se però l’adottante è coniugato e non separato, l’adozione deve essere richiesta da entrambi i coniugi.

 

INCENTIVI

 

Misure per l’autoimprenditorialità – Nuove imprese a tasso zero (circolare direttoriale 9 ottobre 2015 n. 75445).

 

Il Ministero dello Sviluppo economico ha chiarito con Circolare direttoriale 9 ottobre 2015 n. 75445 i termini e le modalità per sostegno alla realizzazione e all’avvio di nuove attività imprenditoriali di piccola dimensione, di cui al decreto legislativo n. 185/2000. Tale Provvedimento si rivolge non solo ai giovani fino a 35 anni, ma anche alle donne indipendentemente dall’età ; é applicabile non più nelle sole aree svantaggiate, ma in tutto il territorio nazionale; non prevede l’erogazione di contributi a fondo perduto, ma solo la concessione di mutui agevolati a tasso zero, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro (per singola impresa); possono presentare la domanda di accesso alle agevolazioni le imprese costituite al massimo da 12 mesi; possibilità di presentazione della domanda anche da parte di persone fisiche che intendono costituire una società . Le domande di agevolazione, corredate dei piani di impresa e della documentazione potranno essere presentate al Soggetto gestore a partire dal giorno 13 gennaio 2016.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

 

Ancora nessun obbligo di assicurazione professionale per gli avvocati

 

Non si può ancora considerare in vigore per gli avvocati l’obbligo di assicurarsi per la responsabilità civile derivante dall’esercizio dell’attività professionale. È quanto ha chiarito il CNF con il parere n. 35 del 24 giugno scorso, pubblicato il 30 ottobre 2015 sul portale dedicato del Consiglio Nazionale Forense. Per l’entrata in vigore dell’obbligo si attende, infatti, che dal Ministero della Giustizia precisino le condizioni essenziali della polizza e i massimali minimi della stessa.

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

Gli avvocati Nicola Tilli, Giovanni Nosengo e Mattia Tacchini hanno svolto per conto della società IIR un corso di formazione in materia di redazione e negoziazione del contratto di agenzia dedicato ai responsabili delle reti agenti di primarie compagnie di assicurazione.

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Newsletter a cura di Novastudia Milano:

milano@novastudia.com

 

Il presente documento é una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un’analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.


Novastudia Newsletter settembre 2015

SOMMARIO

 

ALIMENTI

Etichettatura: ddl per reintrodurre l’indicazione dello stabilimento di produzione sito produttivo (CdM 10 settembre 2015).

 

AMBIENTE

È in vigore la direttiva offshore (D. LGS 18 agosto 2015, n. 145, in G.U. 16 settembre 2015 n. 215).

 

DIRITTO UE

Se il volo viene annullato per problemi tecnici imprevisti il vettore aereo è comunque tenuto a indennizzare i passeggeri (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C-257/14).

 

Recupero aiuti di Stato: Italia condannata (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C- 367/14).

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

Social Network: attenzione a quello che fate

 

DIRITTO DEL LAVORO

Dimissioni del dipendente giustificate dallo stress per “troppo lavoro” (Cass., 18 settembre 2015, n. 18429).

 

DIRITTO PENALE

Assegni postdatati e truffa contrattuale (Cass. Pen., 29 luglio 2015, n. 33441).

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: proroga (Cdm 29 settembre 2015).

 

MARCHI E BREVETTI

Patent Box, ecco il decreto tagliatasse per marchi e brevetti (d.m. 28 agosto 2015).

 

PRIVACY

Morosi: no alla “black list” sul sito del Comune (A.G. Privacy, 28 agosto 2015).

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

Responsabilità amministrativa dell’ente e responsabilità penale delle persone fisiche: separazione dei processi (Cass., 2 settembre 2015, n. 35818)

 

SICUREZZA SUL LAVORO

Infortuni sul posto di lavoro: il concorso di colpa del lavoratore

(Cass. Pen., sez. IV 11 settembre 2015 n. 36882).

 

TRUST

Trut opaco: i chiarimenti dell’agenzia delle entrate (Ag. En., Risoluzione n. 70/E, 31 luglio 2015.

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Facciamo il punto sulla separazione e divorzio (D.L. 12 settembre 2014, n. 132 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” conv. in L. 10 novembre 2014, n. 162, in G.U. n. 261 del 10-11-2014 – Supp. Ordinario n. 84).

 

INCENTIVI

Finanziamento agevolato per investimenti fino a 1,5 milioni in nuove PMI femminili o giovanili (D.M. 140/2015 in G.U. 5 settembre 2015).

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Avvocato specialista: ecco come si diventa / si resta (D.M. 12 agosto 2015, n. 144, “Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”, in G.U. 15.9.2015 n. 214, n. 214).

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

Etichettatura: ddl per reintrodurre l’indicazione dello stabilimento di produzione sito produttivo (CdM 10 settembre 2015).

 

Il 10 settembre scorsO Il governo ha approvato lo “schema di disegno di legge di delegazione europea che all’art. 4 contiene la delega per la reintroduzione nel nostro ordinamento dell’indicazione obbligatoria della sede dello stabilimento di produzione o confezionamento per i prodotti alimentari e per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento n. 1169/2011 in materia di etichettatura”. IL GOVERNO è DELEGATO PER adeguare le norme in tema di etichettatura degli alimenti rispetto al regolamento Ue 1169/11 (cosidetto Food Information Regulation). E ristabilire l’obbligo di indicazione della sede dello stabilimento, che ‘riguarderà gli alimenti prodotti in Italia e destinati al mercato italiano.

 

AMBIENTE

È in vigore la direttiva offshore (D. LGS 18 agosto 2015, n. 145, in G.U. 16 settembre 2015 n. 215).

 

È stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 215 del 16 settembre 2015 il decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 145 “Attuazione della direttiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e che modifica la direttiva 2004/35/CE che definisce i requisiti minimi per la prevenzione e la limitazione delle conseguenze degli incidenti derivanti da operazioni effettuate in mare nel settore degli idrocarburi. Si tratta dell’obiettivo della direttiva 2013/30/UE, dal cui recepimento dovrebbe derivare l’aumento della protezione dell’ambiente marino e delle economie costiere dall’inquinamento, ma anche la limitazione di possibili interruzioni della produzione energetica interna dell’Unione ed il miglioramento dei meccanismi di risposta in caso di incidente.

Tra i contenuti del provvedimento, le sanzioni per chi non rispetta le norme europee: l’operatore che avvia impianti di produzione o infrastrutture connesse senza licenza, verrà punito con la reclusione da 1 a 3 anni e con un’ammenda da 50mila a 150mila euro;

chi inizia o prosegue operazioni con modifiche sostanziale senza approvazione della relazione grandi rischi sono previste sanzioni da 30mila a 150mila euro di multa.

 

 

DIRITTO UE

Se il volo viene annullato per problemi tecnici imprevisti il vettore aereo è comunque tenuto a indennizzare i passeggeri (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C-257/14).

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza nella causa C-257/14 del 17 settembre 2015, ha ha statuito che il vettore aereo è tenuto a indennizzare i passeggeri anche in caso di annullamento del volo per problemi tecnici imprevisti.

 

La compagnia aerea può essere sollevata dall’obbligo d’indennizzo dinanzi a problemi tecnici che risultino, in particolare, da vizi nascosti di fabbricazione sotto il profilo della sicurezza dei voli oppure da atti di sabotaggio o terrorismo.

 

A norma del Regolamento (CE) n. 261/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 febbraio 2004, che istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato, infatti, in caso di annullamento di un volo, il vettore aereo è tenuto a fornire ai passeggeri assistenza e compensazione pecuniaria (da 250 a 600 euro, in funzione della distanza).

 

Nessuna compensazione è, tuttavia, dovuta se il vettore è in grado di provare che l’annullamento sia imputabile a circostanze eccezionali, che non avrebbero potuto essere evitate neppure adottando tutte le misure necessarie.

 

Nel caso di specie, si trattava di una prenotazione di un biglietto aereo per un volo operato da Quito (Ecuador) con destinazione Amsterdam (Paesi Bassi). L’aereo è atterrato ad Amsterdam con un ritardo di 29 ore. Secondo la compagnia aerea, il ritardo era dovuto a circostanze eccezionali, ovvero a una concomitanza di problemi: due pezzi erano difettosi, segnatamente la pompa del carburante e l’unità idromeccanica.

 

Tali pezzi, che non erano disponibili in loco, avrebbero dovuto essere trasportati in aereo da Amsterdam per essere poi montati nell’apparecchio in questione.

 

La compagnia aerea ha fatto altresì presente che i pezzi difettosi non avevano superato la loro durata media e che il fabbricante non aveva fornito alcuna indicazione specifica, nel senso che avrebbero potuto verificarsi guasti dopo un certo periodo di utilizzo.

 

La passeggera ha adito il Rechtbank Amsterdam (Tribunale di Amsterdam), che ha deciso di deferire questioni pregiudiziali alla Corte di giustizia chiedendo nello specifico se un problema tecnico che sia sorto improvvisamente, non sia imputabile a carenze di manutenzione e neppure sia emerso nel corso di un regolare controllo rientri nella nozione di «circostanze eccezionali», esonerando dunque il vettore dal proprio obbligo d’indennizzo.

 

Con la sentenza del 17 settembre 2015 C-257/14, la Corte di Giustizia dell’Unione Europa ricorda anzitutto come, secondo la sua giurisprudenza, i problemi tecnici possano rientrare fra le circostanze eccezionali.

Nondimeno, le circostanze che si accompagnano all’insorgere di tali problemi possono essere qualificate «eccezionali» unicamente se sono collegate a un evento che non sia inerente al normale esercizio dell’attività del vettore aereo e sfugga, per natura o per origine, all’effettivo controllo di quest’ultimo.

 

Tale sarebbe il caso, secondo la Corte, in cui il costruttore degli apparecchi che costituiscono la flotta del vettore aereo, o una competente autorità rivelasse che tali apparecchi, già in servizio, presentano un vizio occulto di fabbricazione che incide sulla sicurezza dei voli.

 

Così si sarebbe altresì in presenza di danni causati agli aeromobili da atti di sabotaggio o di terrorismo.

Tuttavia, nell’esercizio della loro attività, i vettori aerei devono regolarmente far fronte a problemi tecnici inevitabilmente connessi al funzionamento degli aeromobili. Così, i problemi tecnici emersi

in occasione della manutenzione degli aeromobili, o a causa di una carenza di manutenzione, non possono costituire di per sé «circostanze eccezionali».

 

La Corte rileva, poi, che un guasto provocato dalla prematura difettosità di alcuni pezzi di un aeromobile costituisce certamente un evento inaspettato.

 

Siffatto guasto rimane, però, intrinsecamente legato al sistema assai complesso di funzionamento dell’apparecchio, che il vettore aereo gestisce in condizioni, in particolare meteorologiche, spesso difficili, o addirittura estreme, fermo restando, inoltre, che nessun pezzo di un aeromobile è inalterabile.

 

Pertanto, nell’ambito dell’attività di un vettore aereo, tale evento inaspettato è inerente al normale esercizio dell’attività e il vettore deve sistematicamente far fronte a problemi tecnici imprevisti.

D’altro lato, la prevenzione di un guasto del genere o la relativa riparazione, inclusa la sostituzione di un pezzo prematuramente difettoso, non sfuggono all’effettivo controllo del vettore aereo in questione, dato che spetta a quest’ultimo garantire la manutenzione e il buon funzionamento degli aeromobili che gestisce per le sue attività economiche.

 

Di conseguenza, un problema tecnico come quello in questione non può rientrare nella nozione di «circostanze eccezionali». Al riguardo, la Corte rammenta pure che l’assolvimento degli obblighi di diritto europeo non pregiudica il diritto del vettore interessato di chiedere un risarcimento a chiunque abbia cagionato il ritardo, e per l’appunto al fabbricante dei pezzi difettosi.

 

***

Recupero aiuti di Stato: Italia condannata (Corte di Giustizia UE, sentenza 17 settembre 2015 C- 367/14).

 

Con decisione del 25 novembre 1999, la Commissione europea aveva ritenuto che le riduzioni e/o gli sgravi degli oneri sociali, concessi (tra gli anni 1995-1997) dallo Stato italiano a una serie di imprese nazionali, costituivano aiuti di Stato, quindi incompatibili con il mercato comune.

 

La Commissione, pertanto, imponeva all’Italia il recupero degli aiuti medesimi presso i beneficiari; nel frattempo, numerose società interessate da tale regime di aiuti proponevano una serie di ricorsi dinanzi al Tribunale dell’Unione europea al fine di ottenere una pronuncia di annullamento della decisione della Commissione.

 

Nel 2000 il Tribunale adito respingeva tutti i ricorsi; successivamente, la Corte di Giustizia rigettava le impugnazioni proposte, confermando in toto la sentenza del Tribunale.

 

Pertanto, ai sensi dell’art. 88, paragrafo 2, CE la Commissione europea proponeva ricorso per inadempimento diretto contro lo Stato italiano, in quanto quest’ultimo non aveva ottemperato a quanto sancito nella decisione del Tribunale dell’Unione.

 

Con pronuncia del 6 ottobre 2011 la Corte di Giustizia accoglieva il ricorso per inadempimento dal momento che la Repubblica italiana non aveva adottato, nei termini stabiliti, tutte le misure necessarie a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime degli aiuti di Stato.

 

Constatato altresì che, nonostante la sentenza del 2011 emessa dalla Corte di Giustizia, l’Italia non soltanto non aveva recuperato l’insieme degli aiuti ma aveva altresì sospeso il recupero di alcuni di essi, la Commissione europea proponeva nuovamente ricorso alla Corte di Giustizia, chiedendo in tale sede la condanna dello Stato membro a una somma forfettaria e a una penalità.

 

Con la pronuncia in commento (17.09.2015 – causa C-367/14), la Corte di Giustizia ha accertato ancora una volta l’inadempimento dello Stato italiano all’obbligo di recupero a esso incombente, constatando che le difficoltà intervenute nel corso della procedura di recupero degli aiuti non consentono di giustificare la mancata esecuzione della sentenza emessa nel 2011.

 

In particolare, il collegio giudicante ha sottolineato come l’Italia non abbia dimostrato né l’esistenza delle condizioni che giustificassero la sospensione del recupero di determinati aiuti da parte della giustizia italiana, né un controllo permanente ed efficace delle misure adottate al fine di recuperare gli aiuti.

 

Pertanto, rilevato che una parte sostanziosa degli aiuti non era stata recuperata e che l’Italia non aveva minimamente giustificato questo mancato recupero, la Corte ha ritenuto che l’imposizione di una penalità (nel caso di specie pari a 12 milioni di euro per semestre) costituisca uno strumento finanziario adeguato al fine di incitare lo Stato membro ad adottare le misure necessarie per porre fine all’inadempimento più volte accertato.

 

Al contempo, la medesima Corte ha ritenuto che l’effettiva prevenzione della reiterazione futura di analoghe violazioni del diritto dell’Unione richieda l’adozione di una misura dissuasiva quale l’imposizione di una misura forfettaria (quantificata in 30 milioni di euro).

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

 

Social Network: attenzione a quello che fate.

 

Sempre più frequentemente i reati “tradizionali” vengono commessi utilizzando strumenti informatici oppure tramite web (come, ad esempio, frode, molestie, diffamazione, sostituzione di persona, furto).

Il Social network é considerato un “luogo aperto al pubblico”, pertanto quando si compiono delle azioni bisogna fare estrema attenzione. Facebook e gli altri Social possono essere, quindi, sempre più spesso il teatro di molestie sessuali, atti persecutori o di bullismo (c.d. cybermobbing/cyberstalking/cyberbullismo). La Cassazione Penale – Sezione I (sentenza n. 37596 del 12 settembre 2014) ha indicato come penalmente rilevante la molestia virtuale ogni qualvolta alla vittima venga riconosciuto un disturbo che lo possa portare per esempio a modificare le sue abitudini. Il reato di stalking è stato introdotto in Italia con la legge n. 38/2009, raggruppando tutti quei comportamenti persecutori che possano essere oggetto di denuncia e, quindi, di responsabilità penale da parte del reo. Con la diffusione dei mezzi di comunicazione sono stati individuati nuovi luoghi e nuove modalità attraverso cui lo stalker si trova ad agire ripetutamente: Social network, caselle di posta elettronica e telefono cellulare rappresentano i mezzi più utilizzati attualmente per danneggiare qualcuno o assillarlo per via di qualche delusione subita. Altro fenomeno molto diffuso tra i più giovani è il cyberbullismo, ovvero un attacco continuo, ripetuto e sistematico in rete. Si concretizza per lo più in attività denigratorie a danno di un soggetto, come la messa in rete di foto spiacevoli o l’invio di mail offensive, creando danni psicologici alle persone più fragili. La pubblicazione di una notizia che lede l’altrui reputazione integra il reato di diffamazione e, se la notizia è falsa, il reato si configurerà come diffamazione aggravata. Il Tribunale di Napoli, nell’ordinanza n. 12749 del 31/07/2014, ha statuito invece che la pubblicazione di foto e video, anche non lesiva della reputazione altrui, dev’essere autorizzata dal soggetto rappresentato: se il fotografato non volesse comparire online sarebbe legittimato a ottenerne la rimozione immediata (volontaria o tramite ricorso urgente al giudice). Sempre più numerosi sono i casi di sostituzione di persona configuratosi creando un falso profilo social o indirizzi mail non autentici, come indicato dalla Cassazione Penale – sezione V, sentenza n. 25774 del 16/06/2014. Infine, non si pensi che per ovviare alle conseguenze di azioni sopra indicate basti denunciare il furto della password del proprio account social. La Cassazione Penale – sezione V con la sentenza n. 18887 del 7 maggio 2014, infatti, ha chiarito che il furto della password non esime da alcuna responsabilità.

 

 

DIRITTO DEL

LAVORO

Dimissioni del dipendente giustificate dallo stress per “troppo lavoro”

(Cass. 188 settembre 2015 n. 18429)

 

Lo stress causato da ritmi di lavoro eccessivamente elevati costituisce giusta causa di recesso dal contratto di lavoro subordinato. Così ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza 18429/15 confermando in sostanza le decisioni emesse nei gradi di giudizio precedenti, sulla base delle quali la Patroleum Chemical Control Sri era stata condannata al pagamento di una somma pari a 84.637,34 euro a titolo di differenze retributive e TFR, nonché alla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso in favore di un suo dipendente. All’interno del ricorso, la parte resistente lamentava la violazione dell’art. 2119 c.c. nonché l’omessa e contraddittoria motivazione in ordine alla giusta causa di dimissioni presentate dalla parte attrice.

La Corte d’Appello ha ritenuto che le dimissioni erano state legittimamente rassegnate dal dipendente “ormai esasperato dai ritmi lavorativi insostenibili cui la società lo sottoponeva e per i quali aveva contratto la patologia diagnosticata nel certificato medico del servizio di medicina legale e fiscale …”.

Secondo tale decisione, dunque, il carico eccessivo di lavoro somministrato al dipendente costituisce a tutti gli effetti una giusta causa di recesso del lavoratore ai sensi dell’art. 2119 c.c.

 

 

 

DIRITTO PENALE

Assegni postdatati e truffa contrattuale (Cass. Pen., 29 luglio 2015, n. 33441).

 

Con la recente sentenza n. 33441/2015 del 29 luglio scorso la Suprema Corte ha trattato il tema della delimitazione della fattispecie di truffa c.d. contrattuale e della differenza intercorrente tra quest’ultima e il mero inadempimento di un’obbligazione, avente ovviamente rilevanza solo civilistica. La Corte ha preso in esame la seguente fattispecie: un imprenditore, nell’esercizio della propria attività, consegnava all’addetto alle vendita di un’azienda un assegno postdatato a titolo di pagamento di una fornitura di beni a lui necessari per l’esercizio della propria attività; alla data prestabilita per l’incasso, però, il titolo risultava non onorato per mancanza di fondi sul relativo conto corrente.

 

Nell’ambito del rapporto, poi, si verificavano altre due circostanze: in primo luogo, al momento delle trattative l’imprenditore si prodigava in rassicurazioni circa la propria solvibilità e il fatto che alla data indicata sul titolo avrebbe avuto a disposizione liquidità sufficiente per onorare la propria obbligazione; in secondo luogo, l’azienda dell’imprenditore circa un anno e mezzo dopo l’emissione dell’assegno, poi risultato privo di copertura, veniva dichiarata fallita. A fronte della fattispecie sopra delineata, veniva esercitata a carico dell’imprenditore l’azione penale per il perseguimento del reato di truffa c.d. contrattuale: in primo grado il Tribunale di Lodi proscioglieva l’imputato, mentre in secondo grado la Corte d’Appello di Milano “ritenuta configurabile la fattispecie di truffa aggravata e ritenuta l’aggravante compensata dalle attenuanti generiche” gli infliggeva una condanna a sei mesi di reclusione e 160 euro di multa, con risarcimento del danno a favore dell’impresa truffata, da liquidarsi in sede civile. Il ricorso per Cassazione dell’imputato si basava sul rilievo della genericità della ricostruzione dei fatti fornita dal querelante, non sufficiente a fugare ogni ragionevole dubbio circa la sussistenza dell’elemento materiale del reato di truffa, e sulla circostanza che sarebbe trascorso un lasso di tempo troppo grande tra l’emissione dell’assegno e il fallimento della società, per ritenere provata in capo all’imputato la consapevolezza dello stato di decozione dell’impresa e “quindi” l’elemento soggettivo del reato. La Corte, rimanendo nel solco del proprio orientamento, ha rigettato il ricorso sottolineando che integra il delitto di truffa, perché costituisce elemento di artificio o raggiro, la condotta di consegnare in pagamento, all’esito di una transazione commerciale, un assegno di conto corrente bancario postdatato, contestualmente fornendo al prenditore rassicurazioni circa la disponibilità futura della necessaria provvista finanziaria: elemento sufficiente a differenziare la condotta costituente reato dal semplice inadempimento civilistico sarebbero, perciò, state le rassicurazioni fornite all’addetto all’ufficio vendite dell’azienda al momento della consegna del titolo. A ciò si aggiunga, peraltro, che a detta della Corte sarebbe idonea a rafforzare il convincimento del giudice in punto di elemento psicologico del reato la circostanza che la società dell’imputato fallì dopo un lasso di tempo tale che lo stato di decozione della stessa non poteva certo essersi creato solo negli ultimi mesi: da tale evento, quindi, sarebbe desumibile anche la consapevolezza in capo all’imputato della propria incapacità di onorare l’obbligazione contratta e, perciò, l’elemento soggettivo del reato.

 

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Voluntary Disclosure: proroga (Cdm 29 settembre 2015).

 

Acqu

 

MARCHI E

BREVETTI

Patent Box, ecco il decreto tagliatasse per marchi e brevetti (d.m. 28 agosto 2015).

 

Il E” in corso di registrazione dalla Corte dei Conti e di prossima pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto di attuazione del cosiddetto “Patent Box” (PDF, 1.1Mb), firmato dal Ministro per lo Sviluppo Economico, Federica Guidi, e dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, Pier Carlo Padoan. Le norme sul Patent Box, introdotte nella legge di stabilità per il 2015, prevedono una tassazione agevolata sui redditi derivanti da opere di ingegno e rientrano nella strategia messa a punto dal Tavolo “Finanza per la Crescita” a cui partecipano le strutture dei due ministeri. Lo sgravio fiscale riguarda quindi brevetti, marchi, software protetto da copyright, disegni e modelli giuridicamente tutelati. L’agevolazione consiste in una deduzione pari al 30% nel 2015, al 40% nel 2016 e al 50% dal 2017 di tali redditi. Il decreto di attuazione stabilisce l’ambito di applicazione delle misure, i soggetti beneficiari, fissa i criteri per la determinazione del reddito agevolabile e le modalità per l’opzione del regime fiscale agevolato che dura cinque anni ed è rinnovabile.

È già in vigore, invece, il decreto che rende operativo il credito d’imposta sulle spese in ricerca e sviluppo (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 luglio scorso), che rientra anch’esso nella strategia di “Finanza per la crescita”. L’agevolazione è fruibile da tutte le imprese senza limiti di fatturato, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato. Lo sgravio fiscale, utilizzabile a compensazione, è pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute annualmente nel periodo 2015-2019 rispetto alla media realizzata nei tre anni precedenti. La quota è elevata al 50 per cento per le spese relative all’impiego di personale qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca con università o altri enti equiparati e con start-up innovative.

 

 

PRIVACY

Morosi: no alla “black list” sul sito del Comune (A.G. Privacy, 28 agosto 2015).

 

I Comuni non possono pubblicare sul proprio sito i nomi di coloro che non pagano i tributi. La legislazione statale non prevede tale obbligo ed esso non può comunque essere introdotto con un Regolamento dell’ente locale. Lo ha chiarito il Garante privacy al termine di un’istruttoria avviata a seguito di un articolo di stampa nel quale si annunciava l’intenzione dell’ente locale di mettere on line una black list con i nomi dei morosi. Secondo il Garante la procedura che il Comune intende avviare viola il principio di legalità sotto diversi profili. In primo luogo infatti, il Comune non può introdurre l’obbligo di pubblicazione on line dei morosi con un proprio regolamento né può introdurre una nuova sanzione accessoria, quale si configurerebbe la pubblicazione on line rispetto alle sanzioni amministrative già previste legate al mancato o erroneo pagamento del tributo; tali ambiti rientrano infatti nella competenza esclusiva della legislazione statale. In secondo luogo, la diffusione on line dei nomi degli utenti morosi non è giustificata neanche dalla normativa sulla trasparenza, che individua con precisione gli obblighi di pubblicazione sui siti web istituzionali. E la medesima normativa stabilisce, invece, che le Pa possano mettere on line informazioni e documenti di cui non è obbligatoria la pubblicazione solo dopo aver anonimizzato i dati personali eventualmente presenti. Il Garante quindi, oltre a rilevare queste criticità, ha ritenuto che la disciplina comunale violi il principio di legalità anche sotto il profilo temporale, poiché l’entrata in vigore dell’obbligo di pubblicazione on line è stata deliberata con effetto retroattivo. L’iniziativa del Comune, per di più, produce un trattamento di dati non conforme ai principi del Codice privacy (necessità, pertinenza e non eccedenza nel trattamento) perché le finalità indicate dall’ente locale di stimolare il senso civico dei cittadini, sollecitandoli al pagamento del dovuto o dissuadere gli evasori, possono essere soddisfatte con le misure già in vigore (procedimento di riscossione coattiva dei tributi, pagamento degli interessi di mora, applicazione delle sanzioni amministrative previste). La diffusione on line dei morosi, essendo la forma di pubblicità più ampia, appare quindi un irragionevole strumento vessatorio, suscettibile di causare danni e disagi lesivi della dignità della persona.

 

RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI

Responsabilità amministrativa dell’ente e responsabilità penale delle persone fisiche: separazione dei processi

(Cass., 2 settembre 2015, n. 35818)

 

Con sentenza 2 settembre 2015 n. 35818 la Corte di Cassazione ha espresso importanti chiarimenti in merito al rapporto tra il giudizio penale promosso nei confronti della persona fisica autrice del reato ed il relativo processo per responsabilità amministrativa nei confronti dell’ente.

Nella fattispecie, a seguito della diffusione di informazioni sociali non veritiere ad opera di Citibank N.A., i soggetti responsabili furono chiamati a rispondere della commissione del reato di aggiotaggio informativo ex art. 2627 c.c. Parallelamente, venne richiesto l’accertamento della responsabilità della banca coinvolta nella diffusione delle stesse comunicazioni non veritiere in base agli artt. 5 e 25 del D.lgs 231/90 al fine di applicarle una sanzione pecuniaria nella misura di cinquecenomila euro.

Mentre le persone imputate nel processo penale vennero assolte, nel secondo grado di giudizio la Corte d’Appello confermò la condanna nei confronti dell’ente.

La Corte di Legittimità, chiamata a decidere della responsabilità della banca confermò in sostanza la decisione dell’Appello. Tale soluzione, in apparente contrasto con l’assoluzione dei soggetti imputati, risponde ad un principio di autonomia delle sorti del procedimento promosso contro l’ente rispetto a quelle del processo contro le persone fisiche: in base a tale logica, la società può essere condannata alle sanzioni previste dal D.lgs 231/2001 anche ove risulti impossibile individuare l’autore materiale del reato. Tra gli argomenti alla base del principio appena riportato vi è innanzitutto la configurazione della responsabilità dell’ente come responsabilità per fatto proprio (e non sussidiaria rispetto a quella del reo). Si argomenta inoltre che il presupposto alla base della responsabilità dell’ente sia la commissione di un reato da parte di un soggetto facente parte dell’organico della stessa, e non (come si evince anche dal testo dell’art. 8, che non esclude la responsabilità della società in caso di mancata identificazione dell’autore materiale della violazione o in caso di estinzione del reato) l’accertamento della commissione dell’illecito in capo a una persona specifica.

L’elemento indefettibile ai fini dell’accertamento della responsabilità dell’ente sarebbe dunque costituito, secondo il pensiero della Corte, dalla configurazione oggettiva del fatto di reato, insuscettibile di modifica rispetto alla fattispecie originariamente contestata alle persone fisiche.

 

 

SICUREZZA SUL

LAVORO

Infortuni sul posto di lavoro: il concorso di colpa del lavoratore

(Cass. Pen., sez. IV 11 settembre 2015 n. 36882).

 

La normativa in materia di sicurezza sul lavoro (81/2008) obbliga il datore a dotarsi di complessi modelli di organizzazione e gestione aziendale che prevedano efficaci misure di prevenzione degli infortuni. Spesso però, i sinistri sul luogo di lavoro avvengono in circostanze nelle quali la condotta negligente del lavoratore, indotto dall’abitudine a svolgere le proprie mansioni secondo modalità eccessivamente disinvolte, contribuisce ad aumentare notevolmente il rischio del verificarsi dell’infortunio

In passato, l’ordinamento tendeva a privilegiare l’esigenza di protezione del lavoratore, applicando al datore criteri d’imputazione prossimi a quello di responsabilità oggettiva.

Plasmata dal progressivo adattamento delle norme alle esigenze sociali, la disciplina attuale tende ad abbracciare non più il modello “iperprotettivo” nei confronti del lavoratore, bensì a confermarne uno di carattere “collaborativo”, che impone anche ai dipendenti il rispetto degli standard di diligenza richiesti delle attività svolte. In questi termini si è espressa di recente la Corte di Cassazione Penale con sentenza 11 settembre 2015 n. 36882.

Con il provvedimento appena citato, in realtà, la Corte ha confermato la condanna al risarcimento del danno a spese della SIS Mineraria s.r.l. in favore di un suo dipendente, nonché attore in causa, il quale, durante un’operazione di controllo all’interno di un macchinario guasto, aveva subito l’amputazione del braccio destro. Nel caso di specie, l’ente era stato ritenuto colpevole nei gradi di giudizio precedenti per non aver adeguatamente informato il dipendente in merito ai pericoli inerenti alle sue mansioni.

Per quanto il lavoratore avesse indubbiamente eseguito il controllo senza adottare le precauzioni necessarie, la sua condotta non poteva essere qualificata “abnorme”, ovvero totalmente imprevedibile ed estranea al contesto nel quale si trovava a lavorare. Il carattere dell’abnormità della condotta del lavoratore rimane dunque, secondo la giurisprudenza, il requisito essenziale necessario ad escludere la causalità della negligenza del datore nell’attuazione delle misure di prevenzione degli infortuni.

 

 

 

TRUST

Trust opaco: i chiarimenti dell’agenzia delle entrate (Ag. En., Risoluzione n. 70/E, 31 luglio 2015.

 

Con la risoluzione n. 70/E le Entrate fanno chiarezza sull’utilizzabilità del credito d’imposta riconosciuto dalla Legge di Stabilità agli enti non commerciali per mitigare gli effetti negativi dell’incremento del regime impositivo degli utili percepiti. I chiarimenti delle Entrate fanno seguito a un interpello presentato da un trust opaco che fiscalmente «sono sostanzialmente equiparati agli enti non commerciali laddove non abbiano per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale». Dunque, per i dividendi percepiti, sono sottoposti anch”essi al predetto incremento di tassazione. In particolare, il trust istante con l’interpello chiedeva alle Entrate precisazioni sull’utilizzabilità del credito, sottoponendo tre soluzioni: utilizzo blindato in tre anni con tre quote di pari importo (salvo perdita del credito); utilizzo non oltre il 2018, con quote recuperabili durante il triennio se non interamente godute, utilizzo anche oltre il 2018 sino ad esaurimento di quanto non fruito.

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

 

Facciamo il punto sulla separazione e divorzio (D.L. 12 settembre 2014, n. 132 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” conv. in L. 10 novembre 2014, n. 162, in G.U. n. 261 del 10-11-2014 – Supp. Ordinario n. 84).

 

A seguito dell’entrata in vigore del decreto legge 12 settembre 2014, n. 132 “Misure urgenti di degiurisdizionalizzazione ed altri interventi per la definizione dell’arretrato in materia di processo civile” convertito con Legge 10 novembre 2014, n. 162 (G.U. n. 261 del 10-11-2014 – Supp. Ordinario n. 84) è ora prevista la possibilità di effettuare in modo semplificato separazioni e divorzi davanti all’Avvocato e davanti all’Ufficiale di Stato Civile ma solo a determinate condizioni.

Separazioni e divorzi davanti all’Ufficiale di Stato Civile ai sensi dell’art. 12.

L’art. 12 del citato decreto legge n. 132/2014 prevede, a decorrere dal 11 dicembre 2014, la possibilità per i coniugi di comparire direttamente e congiuntamente innanzi all’Ufficiale dello Stato Civile del Comune per concludere un accordo di separazione, di divorzio o di modifica delle precedenti condizioni di separazione o di divorzio. L’assistenza di un avvocato è facoltativa. Tale modalità semplificata è a disposizione dei coniugi solo quando non vi siano figli minori o portatori di handicap grave o economicamente non autosufficienti, e a condizione che l’accordo non contenga patti di trasferimento patrimoniale.

I coniugi saranno invitati a comparire nuovamente davanti all’Ufficiale di Stato Civile non prima di un mese dalla stipula dell’Accordo di separazione o divorzio per la conferma dello stesso.

Restano invariati i presupposti per la proposizione della domanda di divorzio (dodici mesi ininterrotti di separazione personale dei coniugi in caso di separazione c.d. “giudiziale” abbreviati a sei mesi in caso di separazione c.d. “consensuale”, oltre alle altre ipotesi previste dalla legge n. 898/1970).

Competente a ricevere l’accordo è il Comune di iscrizione dell’atto di matrimonio (cioè il comune dove è stato celebrato il matrimonio) o trascrizione dell’atto di matrimonio celebrato con rito concordatario/religioso o celebrato all’estero o residenza di uno dei coniugi.

All’atto della conclusione dell’accordo dovrà essere corrisposto il diritto fisso pari a € 16,00, con pagamento in contanti.

Separazioni e divorzi davanti all’avvocato ai sensi dell’art. 6.

Il decreto legge prevede all’art. 6 la Convenzione di negoziazione assistita da uno o più avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di divorzio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Restano invariati i presupposti per la proposizione della domanda di divorzio (dodici mesi ininterrotti di separazione personale dei coniugi in caso di separazione c.d. “giudiziale” abbreviati a sei mesi in caso di separazione c.d. “consensuale”, oltre alle altre ipotesi previste dalla legge n. 898/1970).

La procedura è possibile anche in presenza di figli minori, di figli maggiorenni portatori di handicap grave e di figli maggiorenni non autosufficienti, trasferimenti immobiliari, assegni e case coniugali. La novità è che non sarà necessario finire in tribunale, ma si risolverà tutto nello studio del legale con un mero controllo da parte della Procura della Repubblica che potrà trasmettere gli atti al Tribunale se l’accordo conterrà clausole strane o contrarie ai diritti e agli interessi dei figli, siano essi minorenni, portatori di handicap o maggiorenni non ancora autosufficienti dal punto di vista economico. In tal caso il Tribunale convocherà la coppia davanti a sé come è sempre stato e saranno rimesse in discussione alcune delle clausole che non appaiono congrue.

Le persone interessate ad adottare tale nuova procedura devono rivolgersi esclusivamente ad uno o più avvocati per la verifica dei presupposti di legge e per tutti gli adempimenti normativi previsti. ma bisogna separarsi consensualmente, nei divorzi, anche consensuali, sono obbligatori due avvocati

L’avvocato, una volta formalizzato l’accordo delle parti secondo le previsioni di legge, provvederà alla trasmissione ai Comuni competenti. Se i coniugi non condividono la decisione di separarsi o non sono d’accordo sulle condizioni, dovranno vedersela in tribunale, secondo le regole già in vigore per la separazione e il divorzio giudiziale.

Dividersi senza accordo può costare caro: oltre al contributo unificato di 98 euro, anche le parcelle degli avvocati.

Inoltre il coniuge cui venga addebitato il divorzio dovrà pagare, oltre al suo avvocato, anche quello dell’ex, sia nei processi per la separazione che per il divorzio.

 

INCENTIVI

Finanziamento agevolato per investimenti fino a 1,5 milioni in nuove PMI femminili o giovanili (D.M. 140/2015 in G.U. 5 settembre 2015).

 

 

Sono previste dal decreto ministeriale dello Sviluppo Economico 140/2015 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 5 settembre, in attuazione dell’articolo 24 del Dlgs 185/2000, agevolazioni per donne e giovani che vogliono creare un’impresa. Si tratta di un finanziamento agevolato, a tasso zero, che copre il 75% delle spese, per investimenti fino a 1,5 milioni di euro. Vengono così fissati criteri e modalità per la concessione di agevolazioni volte a sostenere nuova imprenditorialità attraverso la creazione di micro e piccole imprese competitive, a prevalente o totale partecipazione giovanile o femminile, e a sostenerne lo sviluppo attraverso migliori condizioni per l’accesso al credito. L’agevolazione è riservata a micro imprese e PMI, costituite in forma societaria (comprese le cooperative), da non più di 12 mesi dalla presentazione della domanda. Si tratta di un incentivo all’autoimprenditorialità giovanile o femminile, quindi almeno la metà dei soci devono essere donne o giovani fra i 18 e i 35 anni. Obbligatoria l’iscrizione al Registro delle Imprese, l’azienda deve essere nel pieno esercizio dei proprio diritti, non in liquidazione volontaria o sottoposta a procedure concorsuali. Escluse le imprese che non hanno rimborsato eventuali aiuti comunitari illegali o incompatibili. I soci non possono aver controllato imprese che abbiano cessato nei 12 mesi precedenti la domanda un’attività analoga a quella della nuova impresa.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

Avvocato specialista: ecco come si diventa e… si resta (D.M. 12 agosto 2015, n. 144, “Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”, in G.U. 15.9.2015 n. 214, n. 214).

 

 

Sulla Gazzetta Ufficiale del 15.9.2015 n. 214 Serie Generale è stato pubblicato il Decreto del Ministro della Giustizia del 12 agosto 2015, n. 144, “Regolamento recante disposizioni per il conseguimento e il mantenimento del titolo di avvocato specialista, a norma dell’articolo 9 della legge 31 dicembre 2012, n. 247”. È avvocato specialista l’avvocato che ha acquisito il titolo in uno dei settori di specializzazione.

  1. a) diritto delle relazioni familiari, delle persone e dei minori;
  2. b) diritto agrario;
  3. c) diritti reali, di proprietà, delle locazioni e del condominio;
  4. d) diritto dell’ambiente;
  5. e) diritto industriale e delle proprietà intellettuali;
  6. f) diritto commerciale, della concorrenza e societario;
  7. g) diritto successorio;
  8. h) diritto dell’esecuzione forzata;
  9. i) diritto fallimentare e delle procedure concorsuali;
  10. l) diritto bancario e finanziario;
  11. m) diritto tributario, fiscale e doganale;
  12. n) diritto della navigazione e dei trasporti;
  13. o) diritto del lavoro, sindacale, della previdenza e dell’assistenza sociale;
  14. p) diritto dell’Unione europea;
  15. q) diritto internazionale;
  16. r) diritto penale;
  17. s) diritto amministrativo;
  18. t) diritto dell’informatica.

 

Il titolo di avvocato specialista è conferito dal Consiglio nazionale forense in ragione del percorso formativo mediante frequentazioni di corsi di durata almeno biennale e didattica non inferiore a 200 ore da affidarsi preferibilmente, mediante convenzioni, ad associazioni di categoria o della comprovata esperienza professionale maturata dal singolo professionista a norma dell’articolo 8.

 

In questo secondo caso, più precisamente, il titolo di avvocato specialista può essere conseguito anche dimostrando la sussistenza congiunta dei seguenti requisiti:

– di avere maturato un’anzianità di iscrizione all’Albo degli avvocati ininterrotta e senza sospensioni di almeno otto anni;

– di avere esercitato negli ultimi cinque anni in modo assiduo, prevalente e continuativo attività di avvocato in uno dei settori di specializzazione di cui all’articolo 3, mediante la produzione di

documentazione, giudiziale o stragiudiziale, comprovante che l’avvocato ha trattato nel quinquennio incarichi professionali fiduciari rilevanti per quantità e qualità, almeno pari a quindici per anno. Non si tiene conto degli affari che hanno a oggetto medesime questioni giuridiche e necessitano di un’analoga attività difensiva.

 

Commette illecito disciplinare l’avvocato che spende il titolo di specialista senza averlo conseguito.

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

L’avvocato Nicola Tilli incaricato da IIR ha svolto nella sede di Roma un corso di formazione presso Poste Italiane S.p.A. dedicato ai professionisti dell’area legal interni.

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Newsletter a cura di Novastudia Milano:

milano@novastudia.com

 

Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un’analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.


Novastudia Newsletter giugno 2015

SOMMARIO

 

ALIMENTI

L’etichettatura non deve indurre il consumatore in errore suggerendo la presenza di un ingrediente che in realtà è assente (Corte Giust. Ue, sent. 4 giugno 2015 C-195/14).

 

AMBIENTE

Ecoreati: pubblicata in G.U. la legge “Dei delitti contro l’ambiente” (L. 2 maggio 2015 n. 68 in G.U. 28 maggio 2015 n. 122).

 

DIRITTO UE

La Corte di Giustizia UE si pronuncia sull’OMT (Corte Giust. UE, sent. causa C-62/14 Gauweiler e altri).

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

L’azienda può controllare il lavoratore grazie a un falso profilo su Facebook (Cass., sent., 27 maggio 2015, n. 10955).

 

DIRITTO DEL LAVORO

La Cassazione si esprime sulla forma del licenziamento (Cass., sent., 03 giugno 2015, n. 11479).

 

DIRITTO PENALE

Investimento in autostrada di un pedone che non indossa il giubbotto catarifrangente: omicidio colposo? (Cass., Pen., Sez. IV, sent. 05 giugno 2015 1 n. 24217).

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Agevolazioni prima casa: l’arresto del contribuente configura una causa di forza maggiore (Comm. Trib. Prov.le di Milano, 18^ Sez., sentenza 13.04.2015, n. 4210, pubblicata il 11.05.2015).

 

MARCHI E BREVETTI

Lego, marchio comunitario tridimensionale (Trib. Ue, sent., 16 giugno 2015, cause T-395/14 e T-396/14 Best Lock (Europe) Ltd. / UAMI Lego Juris del).

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

Modello 231 e reati societari: il nuovo art 25-ter (L. 27 maggio 2015 n. 69 “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”).

 

SICUREZZA SUL LAVORO

La responsabilità del Sindaco per la sicurezza e salute sui luoghi di lavoro (Cass., Sez. IV Pen., sent. 12 – 27 maggio 2015, n. 22415).

 

TRUST

Trust inefficace se in danno ai creditori (Trib. Bologna, sent. 23 aprile 2015 n. 1357).

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

Maternità: pubblicato il decreto che amplia le tutele (D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” in G.U. 24 giugno 2015 n. 144).

 

INCENTIVI

Voucher Internazionalizzazione: al via il primo bando per PMI e reti impresa.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

DURC on line: al via dal 1° luglio (Circolare MISE, n. 19 dell’8 giugno 2015).

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

ALIMENTI

 

L’etichettatura non deve indurre il consumatore in errore suggerendo la presenza di un ingrediente che in realtà è assente (Corte Giust. Ue, sent. 4 giugno 2015 C-195/14).

 

La corte di Giustizia dell’Ue con sentenza 4 giugno 2015 C-195/14, HA CHIARITO CHE anche se l’elenco degli ingredienti è esatto ed esaustivo, può, tuttavia, essere inadeguato a correggere in maniera sufficiente l’impressione errata o equivoca risultante dall’etichettatura. I Giudici del Lussemburgo rammentano che il diritto dell’Unione impone che: “l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità , le qualità , la composizione, la quantità , la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento dello stesso”. Di conseguenza, l’acquirente deve disporre di un’informazione corretta, imparziale e obiettiva che non lo induca in errore. L’etichettatura, la pubblicità e la presentazione degli alimenti, compresi la loro forma, il loro aspetto o confezionamento, i materiali di confezionamento usati, il modo in cui gli alimenti sono disposti, il contesto in cui sono esposti e le informazioni rese disponibili su di essi attraverso qualsiasi mezzo, non devono trarre in inganno i consumatori. L’etichettatura di un prodotto alimentare non può presentare un carattere ingannevole.

 

AMBIENTE

Ecoreati: pubblicata in G.U. la legge ‘Dei delitti contro l’ambiente’ (L. 2 maggio 2015 n. 68 in G.U. 28 maggio 2015 n. 122).

 

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 122 del 28 maggio 2015 la legge del 22 maggio 2015 n. 68 che introduce il Titolo VI-bis del codice penale, titolato “Dei delitti contro l’ambiente”. Le disposizioni inserite riguardano: inquinamento ambientale (articolo 452-bis), morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale (articolo 452-ter), disastro ambientale (articolo 452-quater), traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività (articolo 452- sexies), nonché impedimento del controllo (articolo 452- septies) e omessa bonifica (articolo 452-terdecies). Per l’inquinamento ambientale e il disastro ambientale è prevista la punibilità anche nella forma colposa (452-quinquies) con le pene previste per i delitti dolosi diminuite da un terzo a due terzi.

 

DIRITTO UE

La Corte di Giustizia UE si pronuncia sull’OMT (Corte Giust. UE, sent. causa C-62/14 Gauweiler e altri).

 

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea con sentenza nella causa C-62/14 Gauweiler e altri ha chiarito che il programma di acquisto di titoli di Stato sui mercati secondari non eccede le attribuzioni della BCE in materia di politica monetaria e non viola il divieto di finanziamento monetario degli Stati membri. Nel caso di specie, la Corte era chiamata a pronunciarsi circa la delicata e complessa questione della compatibilità del programma OMT con i Trattati. Pi๠precisamente, veniva chiesto alla Corte, se tale programma non costituisse piuttosto una misura di politica economica, estranea quindi al mandato della BCE, anziché una misura di politica monetaria, e se la misura in questione rispettasse il divieto di finanziamento monetario sancito dall’articolo 123, paragrafo 1, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Per La Corte di Giustizia dell’Unione europea, dunque, il programma OMT adottato dalla BCE, quale risulta dalle caratteristiche tecniche illustrate nel comunicato stampa, non viola il principio di proporzionalità e, pertanto, può essere considerato legittimo, a condizione che, qualora venga messo in atto, siano rigorosamente rispettati i requisiti relativi all’obbligo di motivazione e alla proporzionalità e tale attuazione avvenga con modalità temporali tali da consentire in modo effettivo la formazione di un prezzo di mercato dei titoli di Stato.

 

DIRITTO DELL’INFORMATICA E DELL’INTERNET

 

L’azienda può controllare il lavoratore grazie a un falso profilo su Facebook (Cass., sent., 27 maggio 2015, n. 10955).

 

La Corte di Cassazione con sentenza del 27 maggio 2015 n. 10955 ha esaminato il caso di un’azienda che aveva creato un falso profilo su facebook, al fine di controllare se un proprio lavoratore (addetto ad una pressa) durante l’orario di lavoro utilizzasse il proprio smartphone per chattare sui social network con fini non lavorativi. Una volta appurato che, oltre ad altre mancanze, il dipendente effettivamente aveva ripetutamente perso tempo sui social network durante l’orario di lavoro, era scattato il licenziamento per giusta causa. Il caso, giunto all’esame della Suprema Corte ha permesso di prendere in esame uno strumento di controllo del lavoratore che, seppur indiretto, potrebbe forse porsi in contrasto con la normativa dettata dallo Statuto dei lavoratori in materia di sorveglianza.

La Corte, in primo luogo, ha ritenuto che il controllo del lavoratore fosse legittimo perché diretto non a verificare l’attività lavorativa svolta dal dipendente, bensì la tenuta di una condotta idonea a ledere il patrimonio aziendale, minando la sicurezza degli impianti: il lavoratore, infatti, era un operaio addetto ad una pressa, che aveva lasciato pi๠volte incustodita, con evidenti rischi per gli impianti e la sicurezza e causando anche blocchi della produzione. In secondo luogo, la Corte ha rilevato che l’attività di controllo dell’impresa non ledeva i principi di buona fede e di correttezza nel rapporto di lavoro, considerato che la creazione del falso profilo Facebook aveva rappresentato una mera occasione per il lavoratore, alla quale egli aveva prontamente aderito.

 

 

DIRITTO DEL

LAVORO

La Cassazione si esprime sulla forma del licenziamento (Cass., sent., 03 giugno 2015, n. 11479).

 

La Corte di Cassazione con sentenza n. 11479/2015, del 03 giugno 2015 ha esaminato il tema della forma del licenziamento, partendo dal caso di un’azienda che aveva licenziato un proprio lavoratore mediante la lettura di un verbale di licenziamento che non era stato da esso sottoscritto per ricevuta. La mancata sottoscrizione dall’azienda veniva spiegata con il rifiuto del lavoratore di firmare per ricevuta il licenziamento, mentre il dipendente affermava che non gli era mai stato consegnato alcun licenziamento per iscritto. La Corte ha dovuto accertare se nel caso in esame il requisito della forma scritta può ritenersi integrato dalla lettura al lavoratore di un documento scritto che venga firmato solo dai funzionari aziendali che intimano il licenziamento, i quali dichiarino di aver letto al dipendente il contenuto di tale scritto.

La Cassazione ha escluso tale possibilità: considerata la regola della necessaria forma scritta del licenziamento, infatti, ha ritenuto che tale requisito non potesse essere integrato da un documento del quale non è provata la redazione per iscritto in un momento anteriore al licenziamento né, al contempo, la consegna al lavoratore, per la mancanza della firma di quest’ultimo sul verbale. A sanare il vizio di forma del licenziamento non sarebbe poi sufficiente la prova per testimoni della consegna dello stesso al lavoratore, perché nel nostro ordinamento essa sarebbe ammessa solo nel caso in cui l’azienda potesse provare che il documento è andato perduto senza sua colpa (come previsto dall’art. 2724 co. III c.c.): nel caso di specie, però, tale prova non era stata fornita.

D’altra parte, qualora il lavoratore effettivamente si fosse rifiutato di sottoscrivere il licenziamento, sarebbe stato sufficiente inviargli la comunicazione con raccomandata con ricevuta di ritorno, la quale permette di fornire agevolmente la prova della consegna, evitando qualsiasi contestazione.

Il licenziamento, dunque, è stato dichiarato nullo.

 

DIRITTO PENALE

Investimento in autostrada di un pedone che non indossa il giubbotto catarifrangente: omicidio colposo? (Cass., Pen., Sez. IV, sent. 05 giugno 2015 1 n. 24217).

 

Con la sentenza del 05 giugno 2015 1 n. 24217 la Corte di Cassazione ha esaminato il caso di un automobilista che di notte, a seguito di un incidente nella corsia di sorpasso dell’autostrada, senza indossare il giubbotto catarifrangente, scendeva dalla propria auto e si intratteneva a conversare con l’altro occupante del mezzo, appoggiandosi a quest’ultimo, di fatto arrivando ad occupare la linea di mezzeria tra la corsia nella quale si trovava il suo veicolo e quella di destra, libera.

Sopraggiungeva (a 90 km/h con limite di 130 km/h) nella corsia di destra un altro automobilista che, travolgeva in prossimità della linea di mezzeria il pedone che moriva sul colpo.

L’automobilista veniva sottoposto a processo per omicidio colposo, con l’accusa di non aver adottato tutte le cautele necessarie nella guida (tra le quali l’uso dei fari abbaglianti e l’ulteriore diminuzione della velocità): in primo grado il Tribunale di Nocera Inferiore assolveva l’imputato, mentre la Corte d’Appello di Salerno lo condannava.

La Suprema Corte, esaminando il caso sopra descritto, ha rilevato che:

  1. a) l’automobilista correttamente al momento dell’investimento percorreva la corsia di destra che risultava libera da veicoli (quello incidentato, infatti, si trovava nella corsia di sorpasso);
  2. b) l’automobilista era riuscito ad effettuare una manovra di emergenza, modificando la traiettoria ed evitando l’impatto con l’automobile incidentata;
  3. c) l’art.141 co. I e II del codice della strada impone di moderare la velocità e di adottare tutte le condotte di guida idonee ad evitare problemi per la sicurezza: da tale norma, però, non può desumersi la circostanza che l’automobilista avrebbe dovuto ridurre ulteriormente la propria velocità di marcia (90km/h con limite di 130km/h), in quanto in tale caso avrebbe costituito intralcio alla circolazione, violando l’art. 141c co. VI del medesimo codice;
  4. d) la vittima aveva tenuto una condotta massimamente imprudente: si tratteneva infatti a conversare con il passeggero rimasto all’interno del proprio veicolo, posizionandosi accanto a quest’ultimo in corrispondenza della linea di mezzeria; la vittima, peraltro, si trovava in punto non visibile e non indossava il giubbotto catarifrangente, omettendo altresì di adottare qualsiasi cautela finalizzata a rendersi visibile.

Sulla base di tali premesse, la Suprema Corte ha annullato la sentenza di condanna.

 

 

DIRITTO TRIBUTARIO

Agevolazioni prima casa: l’arresto del contribuente configura una causa di forza maggiore (Comm. Trib. Prov.le di Milano, 18^ Sez., sentenza 13.04.2015, n. 4210, pubblicata il 11.05.2015).

 

La Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso presentato dagli Avvocati Nicola Tilli e Mattia Tacchini, con il quale venivano impugnati gli avvisi di liquidazione, il ruolo e la cartella di pagamento emessi nei confronti di un loro assistito che, a causa dell’avvenuto arresto dopo circa 8 mesi dalla registrazione dell’atto di compravendita di un bene immobile da adibirsi a prima casa, non aveva ivi trasferito la propria residenza nei termini di legge (18 mesi dalla registrazione dell’atto di acquisto) per poter usufruire delle agevolazioni fiscali.

La necessità di impugnare, in un’unica sede, gli avvisi di liquidazione assieme al ruolo ed alla cartella di pagamento traeva origine dalla nullità della notifica degli avvisi medesimi, in quanto notificati presso il domicilio fiscale del contribuente (nel frattempo detenuto in carcere) e successivamente ritirati presso il centro postale (ivi in giacenza) dalla madre (familiare non convivente), sprovvista di apposita delega per il ritiro. Il ricorrente, infatti, veniva a conoscenza dell’esistenza degli avvisi di liquidazione solamente tramite la loro successiva consegna in carcere, ad opera di un familiare, accompagnati dalla cartella di pagamento, emessa nel frattempo dall’Agente addetto alla riscossione. Pertanto, si insisteva nel ricorso affinché venisse pronunciata la nullità delle notifiche medesime; si chiedeva altresì che venisse riconosciuta, nel caso di specie, l’istituto della “forza maggiore”, in quanto il contribuente era stato impossibilitato a trasferire la propria residenza nei termini di legge a causa di un evento imprevedibile, sopraggiunto inaspettatamente alla stipula dell’atto di compravendita e, oltretutto, sovrastante la sua volontà.

Depositato il ricorso nella segreteria della Commissione Tributaria Provinciale, l’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Nord S.p.A. si costituivano in giudizio, entrambe depositando controdeduzioni. In particolare, l’Amministrazione Finanziaria chiedeva il rigetto del ricorso, dal momento che non era minimamente invocabile, nel caso di specie, l’istituto della “forza maggiore”, in quanto l’arresto del contribuente doveva considerarsi una diretta conseguenza del reato da lui commesso.

All’udienza fissata per la trattazione della sospensione degli atti impugnati, l’On.le Collegio adito sospendeva l’efficacia del titolo esecutivo costituito dal ruolo emesso dall’Ente creditore; successivamente, veniva svolta pubblica udienza, durante la quale i difensori di parte ricorrente insistevano perché venisse ritenuto sussistente l’istituto della “forza maggiore”, dal momento che, così come richiesto dalla Suprema Corte, il contribuente aveva provato l’effettivo momento della sua insorgenza (l’arresto per custodia cautelare), il suo protrarsi e l’impedimento assoluto (per il tempo residuo a disposizione) per l’ottenimento della residenza anagrafica.

Con sentenza n. 4210 del 13.04.2015 (depositata in data 11.05.2015), la 18^ Sezione della Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato in ogni suo motivo.

In primis, l’On. Collegio ha accolto l’eccezione di nullità della notifica degli avvisi di liquidazione: la madre del contribuente, in quanto familiare non convivente, non era legittimata al ritiro di atti personali del figlio senza specifica delega da lui rilasciata.

Nel merito, si è considerata legittima la sussistenza dell’istituto della “forza maggiore” nel caso di specie: il contribuente a causa dell’arresto era stato impossibilitato oggettivamente a trasferire, nei termini di legge, la propria residenza per usufruire delle agevolazioni prima casa.

– Si sottolinea come la Commissione Tributaria Provinciale di Milano abbia drasticamente invertito, con la sentenza in commento, l’orientamento dominante seguito da tutte le altre Commissioni Tributarie nazionali. Si ricorda infatti che la Commissione Tributaria Provinciale di Savona, con sentenza del 24.08.2011, n. 105, ha espressamente statuito che “La detenzione in carcere non è causa di forza maggiore per evitare la decadenza dai benefici, in quanto la misura cautelare discende dal comportamento del contribuente”. Motivazione del tutto opposta a quella espressa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, ciò a dimostrazione di una maggiore tutela riservata dai giudici, nel corso degli anni, ai contribuenti, constatato l’ingente periodo di crisi economica che da anni interessa il nostro Paese.

 

 

MARCHI E

BREVETTI

Lego, marchio comunitario tridimensionale (Trib. Ue, sent., 16 giugno 2015, cause T-395/14 e T-396/14 Best Lock (Europe) Ltd. / UAMI – Lego Juris del).

 

Il Tribunale dell’Unione Europea con le Sentenze nelle cause T-395/14 e T-396/14 Best Lock (Europe) Ltd. / UAMI – Lego Juris del 16 giugno 2015, confermando le decisioni pronunciate dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno, ha ritenuto ammissibile la registrazione della forma delle figurine Lego come marchio comunitario tridimensionale. Il 23 giugno 2010 la società Lego Juris aveva ottenuto la registrazione di marchio comunitario tridimensionale presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno – UAMI (marchi, disegni e modelli), ai sensi del regolamento n. 207/2009 sul marchio comunitario. La Best-Lock (Europe), una società concorrente che utilizza figurine simili, aveva chiesto di dichiarare la nullità di detti marchi. L’UAMI aveva respinto le domande di nullità proposte dalla Best Lock. Quest’ultima si è, dunque, rivolta al Tribunale dell’Unione europea al fine di far annullare le decisioni pronunciate dall’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno. Con le sue sentenze del 16 giugno 215, il Tribunale dell’Unione europea ha respinto i ricorsi della Best Lock e confermato, quindi, le decisioni di registrazione della forma delle figurine Lego come marchio comunitario. Il Tribunale ha dichiarato irricevibile, anzitutto, la censura secondo cui la forma del prodotto sarebbe imposta dalla sua stessa natura, in quanto la Best Lock non ha dedotto alcun argomento a sostegno di tal asserto e non ha sviluppato alcuna argomentazione diretta a dimostrare che le considerazioni dell’UAMI al riguardo siano errate. Inoltre per quanto concerne la censura, secondo cui la forma del prodotto sarebbe necessaria per ottenere un risultato tecnico, il Tribunale ha osservato che alla forma degli elementi caratteristici delle figurine non appare collegato alcun risultato tecnico, né risulta derivarne, in quanto tali elementi non consentono comunque l’assemblaggio con mattoncini da costruzione incastrabili. Infine, nulla consente di ritenere che la forma delle figurine sia necessaria per permettere l’assemblaggio con mattoncini da costruzione incastrabili. Il Tribunale conclude, dunque, sostenendo che le caratteristiche della forma delle figurine non sono necessarie per ottenere un risultato tecnico.

 

RESPONSABILITA’ DEGLI ENTI

Modello 231 e reati societari: il nuovo art 25-ter (L. 27 maggio 2015 n. 69 “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”).

 

 

La legge 27 maggio 2015 n. 69 “Disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”, in vigore dal 14 giugno 2015, modifica, tra l’altro, l’art 25-ter del d.lg. 231/2001. A carico dell’ente sono applicabili: per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dal (nuovo) art 2621 c.c. la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote; per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dal (nuovo) art 2621-bis c.c., la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote; per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dal (nuovo) 2622 c.c., la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote.

 

SICUREZZA SUL

LAVORO

 

La responsabilità del Sindaco per la sicurezza e salute sui luoghi di lavoro (Cass., Sez. IV Pen., sent. 12 – 27 maggio 2015, n. 22415).

 

Con la sentenza 2 – 27 maggio 2015, n. 22415 la Suprema Corte ha chiarito che nelle pubbliche amministrazioni, nel cui novero rientrano ovviamente gli enti locali, la qualifica di datore di lavoro, ai fini della normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, è riconosciuta al dirigente dotato di poteri di gestione e titolare di autonomi poteri decisionali anche in materia di spesa.

La suddetta figura va specificamente individuata dall’organo di direzione politica. È da escludere, pertanto, che si possa ascrivere al Sindaco, anche se di un Comune di modeste dimensioni, quale organo politico, ogni violazione di specifiche norme antinfortunistiche. Deve attribuirsi a chi compete la relativa responsabilità, quando risulti individuato il dirigente con qualifica di datore di lavoro. Va però sottolineato che il vertice politico dell’ente locale può riassumere la responsabilità, laddove risulti che il Sindaco stesso, essendo a conoscenza della situazione antigiuridica inerente alla sicurezza dei locali e degli edifici in uso all’Ente territoriale, abbia omesso di intervenire, con i suoi autonomi poteri, per porvi rimedio.

 

TRUST

Trust inefficace se in danno ai creditori (Trib. Bologna, sent. 23 aprile 2015 n. 1357).

 

Gli atti di dotazione del fondo in Trust eseguiti con lo scopo di eludere le pretese di un credito, anche se non ancora definito, sono inefficaci nei confronti dei potenziali creditori.

Questo quanto ribadito dal Tribunale di Bologna nella sentenza n. 1357/2015 nella quale viene affermata l’inefficacia degli atti di dotazione del fondo, laddove si verifichino i presupposti per proporre l’azione revocatoria ordinaria, ancorché le ragioni del credito non siano state ancora accertate giudizialmente.

Il Tribunale rileva che, occorre verificare se, nella concreta fattispecie, esistano tutti i requisiti richiesti dal Codice Civile perché possa essere esperita l’azione revocatoria ordinaria. Precisa, inoltre, il Tribunale che, la prova della conoscenza del pregiudizio da parte del debitore ben può essere fornita, trattandosi di un atteggiamento soggettivo, anche tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al Giudice di Merito ed è incensurabile in sede di Legittimità, se adeguatamente motivato e immune da vizi logici e giuridici.

 

DI TUTTO UN PO’

 

DIRITTO DI FAMIGLIA

 

Maternità: pubblicato il decreto che amplia le tutele (D.Lgs. 15 giugno 2015 n. 80 “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183” in G.U. 24 giugno 2015 n. 144).

 

E’ stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 144 del 24 giugno 2015 il Decreto Legislativo n. 80 del 15 giugno 2015, che prevede “Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell’articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, n. 183”, che mira a tutelare a tutelare la maternità delle lavoratrici e a favorire le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori.

Le norme del decreto di cui agli artt. 2-3, 5, 7-10 e 13-16 e 24, si applicano in via sperimentale per il solo anno 2015.

Fra le misure di maggior impatto che rilevano nell’analisi del d.lgs. n. 80/2015 vi sono quelle che attengono alla estensione dei diritti genitoriali nella fruizione dei congedi parentali.

Si amplia ai primi 12 anni di vita del bambino (anziché ai primi 8 anni) il periodo nel quale il genitore lavoratore può fruire del congedo parentale.

Viene elevato conseguentemente ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni) il limite entro il quale il congedo parentale dà diritto a una indennità pari al 30% della retribuzione, nonché sposta fino all’ottavo anno di vita del bambino la fruizione dell’indennità in caso di redditività individuale minima.

L’art. 7, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 80/2015 conferma la possibilità di fruizione del congedo parentale su base oraria, rinviando la disciplina concreta alla contrattazione collettiva, anche di livello aziendale, ma prevedendo che, in assenza di determinazioni contrattuali collettive, ogni genitore lavoratore può scegliere la fruizione su base oraria, in misura non superiore alla metà dell’orario medio giornaliero del periodo di paga (quadrisettimanale o mensile) che ha preceduto immediatamente quello nel corso del quale ha inizio il congedo parentale.

 

INCENTIVI

Voucher Internazionalizzazione: al via il primo bando per PMI e reti impresa.

 

Il Ministero dello Sviluppo economico ha pubblicato il primo bando per l’accesso ai voucher per l’internazionalizzazione per PMI e reti di impresa.

Le domande potranno essere presentate dal 22 settembre al 2 ottobre 2015. In particolare, i voucher contribuiscono ai costi per l’inserimento in azienda, per almeno sei mesi, di un “Temporary Export Manager”, cioè un professionista con il compito di garantire il supporto alle imprese nelle attività di ingresso e crescita sui mercati esteri.

L’assegnazione delle risorse avviene attraverso due bandi, di cui il primo, appena pubblicato dal MISE, con uno stanziamento di 10 milioni di euro. L’avviso riguarda la concessione di voucher di importo pari a 10mila euro, a fronte di una quota di cofinanziamento da parte dell’impresa beneficiaria di almeno 3mila euro.

Nell’ambito del secondo bando, invece, oltre ai voucher da 10mila euro per le imprese che presentano per la prima volta la domanda di aiuto, saranno previsti anche contributi da 8mila euro, con una quota di cofinanziamento di almeno 5mila euro, per le imprese già ammesse al primo avviso e che intendono richiedere nuovamente l’agevolazione.

Il Ministero procederà all’assegnazione dei voucher secondo l’ordine cronologico di ricezione delle domande e nei limiti delle risorse disponibili.

 

PROFESSIONISTI E IMPRESE

DURC on line: al via dal 1° luglio (Circolare Mise, n. 19 dell’8 giugno 2015).

 

A decorrere dal 1° luglio 2015 a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 30 gennaio 2015 la verifica della regolarità contributiva nei confronti dell’INPS, dell’INAIL e delle Casse Edili, avviene con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare.

L’esito positivo della verifica di regolarità genera un Documento denominato “Durc On Line” .

Con la circolare n. 19 dell’8 giugno 2015, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha provveduto ad illustrare i contenuti del Decreto e a fornire i primi chiarimenti di carattere interpretativo necessari alla sua corretta applicazione.

 

NEWS ED EVENTI DELLO STUDIO

 

Lo studio SLT&Partners Milano in data 23 giugno 2015 ha organizzato

un convegno in house in materia

di “Legal Compliance e integrazione delle conformità aziendali”.

 

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Gli Avv.ti Nicola Tilli, Giovanni Nosengo e Mattia Tacchini in data 16 giugno 2015 presso il Grand Hotel Adi Doria di Milano, in collaborazione con SNA (Sindacato Nazionale Agenti di Assicurazione), hanno tenuto un corso in materia di “Responsabilità civile del libero professionista”.

 

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Gli Avv.ti Nicola Tilli, Andrea Siligardi, Giovanni Nosengo e Mattia Tacchini in data 23 -24 giugno 2015 presso l’Atahotel Executive di Milano, in collaborazione con Istituto Internazionale di Ricerca,

hanno tenuto un convegno

in materia di

“Welfare assicurativo”.

 

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Pubblicato in Youtube il video dell’intervento del Prof. Avv. Serafino Ruscica,

responsabile di Novastudia Formazione, sulla relazione svolta in data 19 marzo 2015 presso la Sala Atti

Parlamentari del Senato della Repubblica in materia di

“Dolo eventuale e colpa cosciente dopo la sentenza delle Sezioni Unite”.

 

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Newsletter a cura di Novastudia Milano:

milano@novastudia.com

 

Il presente documento è una nota di studio. Quanto nello stesso riportato non potrà pertanto essere utilizzato o interpretato quale parere legale né utilizzato a base di operazioni straordinarie, né preso a riferimento da un qualsiasi soggetto o dai suoi consulenti legali per qualsiasi scopo che non sia un’analisi generale e sommaria delle questioni in esso affrontate.